A case of a young adult patient in the days immediately after a cancer diagnosis illustrates the critical importance of three interrelated core coordinating mechanisms – closed-loop communication, shared mental models, and mutual trust—of teamwork in an adolescent and young adult multidisciplinary oncology team. The case illustrates both the opportunities to increase team member coordination and the problems that can occur when coordination breaks down. A model for … (leggi tutto)
Lo studio dei tumori negli adolescenti e nei giovani adulti è tutt’ora generalmente trascurato, mentre si tende a porre l’accento soprattutto sugli aspetti sanitari maggiormente legati al disagio giovanile (AIDS, abuso di alcol e sostanze stupefacenti, incidenti stradali). Nella fascia di età compresa tra i 15 e i 39 anni la patologia neoplastica è relativamente meno frequente e i dati di sopravvivenza disponibili testimoniano che, in molti casi, non è una malattia fatale. Resta, tuttavia, una patologia grave, con forti implicazioni sul piano psicologico destinate a sconvolgere la vita dei giovani, siano essi adolescenti o giovani adulti, proprio nella fase di vita in cui cercano di affermarsi creando nuovi equilibri negli studi, nel lavoro e negli affetti.Questo studio americano evidenzia molto chiaramente alcune delle criticità che concorrono a rendere il percorso di cura oncologico per i pazienti AYA (Adolescent and Young Adult) estremamente complesso: lo scarso coinvolgimento dei giovani nei trials clinici decisamente inferiore a quanto accade per le altri classi di età; l’inesistenza di reparti ospedalieri o protocolli di cura idonei e specifici; le problematiche inerenti aspetti economici, la fertilità minacciata e le conseguenze psicologiche (disturbo post-traumatico da stress e aumento del rischio suicidario) che una malattia neoplastica può comportare per un giovane paziente.
Attraverso il racconto della storia di malattia di Steve, giovane uomo di 27 anni affetto da pre-B acute lymphoblastic leukemia, gli autori esplicitano l’importanza della presenza di un’equipe oncologica multidisciplinare specializzata nella gestione della malattia di una popolazione così speciale come gli AYA, i cui operatori, nei loro diversi ruoli e compiti, debbono interagire costantemente in modo tale da garantire la più alta qualità di cura possibile per ogni singolo paziente nella sua individualità. Tali equipe, formate da personale medico oncologico, pediatrico e specialisti della fertilità, si deve interfacciare con infermieri, assistenti sociali, psicologi così come con tutte le persone che vengono indicate dal paziente come parte fondante della propria rete di supporto, con l’obiettivo di migliorare l’erogazione dei servizi sanitari e psicosociali necessari. Per fornire assistenza clinica ottimale, i membri dell’equipe devono comunicare efficacemente. In questo articolo, vengono esplorati tre meccanismi di coordinamento del lavoro di squadra [Closed-loop Comunication (CLC); Shared Mental Models (SMM); Mutual Trust (MT)] che possono garantire un’ottimale coordinazione del lavoro multidisciplinare e, quindi, una maggior efficacia della cura misurata da fattori quali, per esempio, l’arruolamento nella sperimentazione clinica, la conservazione della fertilità e l’uso di servizi psicosociale come terapie di supporto.
Per quanto queste strategie di lavoro sembrino essere vincenti, non sono, ovviamente, scevre da difficoltà e ostacoli insiti nella natura stessa delle equipe multidisciplinari che si trovano a dover gestire attività interdipendenti all’interno e tra i diversi gruppi, spesso con significativi vincoli di tempo e molteplici impegni concorrenti, e a dover acquisire modelli comunicativi e mentali condivisi.
Emerge in modo sempre più lampante la necessità di una presa in carico oncologica che non si rivolga più unicamente agli aspetti clinici ma che valuti la persona nella sua complessità bio-psico-sociale, garantendo la strutturazione di un percorso di cura olistico finalizzato non solo alla miglior qualità di vita possibile per il paziente e la sua famiglia ma anche all’incremento della soddisfazione lavorativa degli operatori sanitari, variabile fondamentale per garantire loro un adeguato benessere psicologico e fisico.