TUMORE DEL COLON, NEL LAZIO 10 NUOVI CASI OGNI GIORNO L’ISTITUTO REGINA ELENA INCONTRA I CITTADINI
La prevenzione rimane una delle armi principali contro il carcinoma del colon retto. Ed è in questa direzione che l’AIOM sta lavorando: aumentare la conoscenza e la consapevolezza della popolazione, soprattutto dopo i 50 anni, età in cui si registra il 90% dell’incidenza, significa salvare centinaia di vite in più ogni anno. “Non tutti sanno infatti – spiega ancora il prof. Terzoli – che basterebbe per esempio aumentare di una porzione al giorno il consumo di verdura per far diminuire di un buon 20% il rischio di incorrere in questo tumore. O che una ricerca annuale del sangue occulto nelle feci dopo i 50 anni, abbinata ad una colonscopia ogni 10 anni, consente di individuare il 75% delle lesioni e di intervenire per tempo. Particolare attenzione in questo senso dovrebbero prestare le persone che presentano una familiarità: il rischio è doppio in chi ha avuto un parente di primo grado che ha sviluppato un carcinoma del colon retto dopo i 55 anni, triplicato se la diagnosi era stata fatta tra i 45 e i 55 anni, quadruplicato se il tumore è insorto prima dei 45 anni”. Se individuato nelle prime fasi, il carcinoma colorettale è infatti una malattia curabile. “Negli ultimi dieci anni – continua il prof. Terzoli – per nessuna terapia tumorale abbiamo assistito ad un progresso così importante. Oggi finalmente abbiamo a disposizione farmaci efficaci in grado addirittura di guarire i pazienti o, comunque, di tenere sotto controllo la malattia. Sappiamo, per esempio, che sottoporre il paziente alla chemioterapia dopo l’intervento di resezione del tumore aiuta a prevenirne la ricomparsa. E questo soprattutto in chi è a maggior rischio di recidiva, cioè in quei malati che presentano linfonodi infiltrati. Questo significa che se con il solo intervento chirurgico guariva la metà dei pazienti con linfonodi infiltrati, mentre l’altra metà presentava una recidiva o una metastasi entro i cinque anni successivi, l’aggiunta della chemioterapia ha consentito di guarire almeno 15 pazienti ogni 100 in più”. Al vecchio 5-fluorouracile, disponibile dagli anni 50, si sono recentemente aggiunte diverse molecole. Tra le più innovative la capecitabina, il cetuximab e il bevacizumab, che in monoterapia o in combinazione con altri farmaci, come l’oxaliplatino e l’irinotecan, hanno dato risultati significativi.
“Come detto – conclude Terzoli – il convegno del 25 maggio servirà per dialogare con i cittadini e per contribuire il più possibile a far comprendere l’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce. E’ inoltre previsto uno spazio dedicato alle associazioni dei pazienti che racconteranno la propria esperienza”.