sabato, 23 settembre 2023
Medinews
16 Novembre 2005

TUMORE DEL COLON, A MODENA 10 NUOVI MALATI A SETTIMANA

Se ne parla sabato 19 ad un convegno organizzato al COM

Modena– Si calcola che ogni giorno in Italia si ammalino di tumore del colon-retto 101 persone, 4 ogni ora. Nel nostro Paese sono infatti oltre 37.000 all’anno le nuove diagnosi e 17.000 sono gli uomini e le donne che non riescono a vincere la malattia. Secondo gli ultimi dati del Registro Tumori di Modena, questo big killer colpisce annualmente in città e provincia circa 550 persone: nel 2003 ha interessato 304 maschi e 244 femmine ed è costato la vita a 115 uomini e 99 donne. Numeri in calo rispetto al recente passato, grazie anche al miglioramento delle terapie, che hanno permesso di arrivare ad un 60% di sopravvivenza a cinque anni. un progresso enorme per uno dei principali big killer, il terzo in assoluto per incidenza. Dati peraltro destinati a migliorare ulteriormente per effetto dello screening di popolazione recentemente attivato dalla Regione Emilia Romagna. “Risultati che però non devono far abbassare la guardia – afferma il prof. Pier Franco Conte, direttore del Dipartimento di Oncologia ed Ematologia dell’Università di Modena e Reggio Emilia – Più del 50% dei tumori del colon viene ancora diagnosticato in stadio avanzato, quando l’efficacia dei trattamenti diminuisce sensibilmente”. Per far fronte a questa situazione, l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) ha messo a punto una campagna di prevenzione e di informazione alla popolazione, che coinvolgerà gli oncologi, i medici di famiglia e le associazioni di volontariato in dieci città italiane, rappresentative di Nord, Centro e Sud. Il primo di questi appuntamenti è in programma a Modena, sabato 19 novembre, nel Centro Servizi del Policlinico e sarà coordinato dal prof. Conte. Il convegno, a ingresso libero e aperto alla cittadinanza, inizierà alle 9 per concludersi alle 12 ed affronterà in modo semplice e comprensibile a tutti alcune delle tematiche legate a questa neoplasia.

La prevenzione rimane una delle armi principali contro il carcinoma del colon retto. Ed è in questa direzione che l’AIOM sta lavorando: aumentare la conoscenza e la consapevolezza della popolazione, soprattutto dopo i 50, età in cui si registra il 90% dell’incidenza, significa salvare centinaia di vite in più ogni anno. “Non tutti sanno infatti – spiega ancora il prof. Conte – che basterebbe per esempio aumentare di una porzione al giorno il consumo di verdura per far diminuire di un buon 20% il rischio di incorrere in questo tumore. O che una ricerca annuale del sangue occulto nelle feci dopo i 50 anni, abbinata ad una colonscopia ogni 10 anni, consente di individuare il 75% delle lesioni e di intervenire per tempo. Particolare attenzione in questo senso dovrebbero prestare le persone che presentano una famigliarità: il rischio è doppio in chi ha avuto un parente di primo grado che ha sviluppato un carcinoma del colon retto dopo i 55 anni, triplicato se la diagnosi era stata fatta tra i 45 e i 55 anni, quadruplicato se il tumore è insorto prima dei 45 anni”.
Se individuato nelle prime fasi, questo tumore è infatti una malattia curabile. “Negli ultimi dieci anni – sostiene il dott. Gabriele Luppi, Responsabile del DH Dipartimentale e dell’Unità di Oncologia Digestiva del Policlinico di Modena – per nessuna terapia tumorale abbiamo assistito ad un progresso così importante. Oggi finalmente abbiamo a disposizione farmaci efficaci in grado addirittura di guarire i pazienti o, comunque, di tenere sotto controllo la malattia. Sappiamo, per esempio, che sottoporre il paziente alla chemioterapia dopo l’intervento di resezione del tumore aiuta a prevenirne la ricomparsa. E questo soprattutto in chi è a maggior rischio di recidiva, cioè in quei malati che presentano linfonodi infiltrati. Questo significa che se con il solo intervento chirurgico guariva la metà dei pazienti con linfonodi infiltrati, mentre l’altra metà presentava una recidiva o una metastasi entro i cinque anni successivi, l’aggiunta della chemioterapia ha consentito di guarire almeno 15 pazienti in più”.
Al vecchio 5-fluorouracile, disponibile dagli anni 50, si sono recentemente aggiunte diverse molecole. Tra le più innovative la capecitabina e il bevacizumab, che in monoterapia o in combinazione con altri farmaci, come l’oxaliplatino e l’irinotecan, hanno dato risultati significativi. ”La capecitabina – spiega Luppi – ha offerto performance migliori rispetto alla terapia standard con 5-fluorouracile, riducendo le recidive di malattia valutate dopo tre anni dall’intervento chirurgico. L’altro vantaggio da non sottovalutare è che il farmaco può essere assunto oralmente dal malato al proprio domicilio, il che significa niente più ricoveri frequenti in ospedale e cicli di cura debilitanti, applicazione chirurgica di cateteri venosi e uso di dispositivi di infusione, con un comprensibile ed oggettivo miglioramento della qualità di vita. La cura ha inoltre mostrato minori effetti collaterali, in particolare sono diminuiti sensibilmente la perdita di capelli, gli episodi di diarrea e le stomatiti. Lo stesso vale per il bevacizumab, che inibisce la formazione di nuovi vasi sanguigni nel tumore, limitandone l’accrescimento. Impiegato come farmaco di prima linea in associazione con l’irinotecan e il 5-fluorouracile in pazienti con un tumore già in fase metastatica, questa molecola incrementa sia la sopravvivenza libera da malattia, sia la sopravvivenza globale”.
“Un altro aspetto molto importante – sottolinea il dott. Luppi – è inoltre rappresentato nella nostra provincia da un approccio assistenziale multidisciplinare, con percorsi assistenziali semplici per i pazienti e costante collaborazione, anche con ambulatori comuni, tra i diversi specialisti coinvolti nella cura di questi tumori”.
“Come detto – conclude il prof. Pier Franco Conte- il convegno di sabato servirà per dialogare con i cittadini e per contribuire il più possibile a far comprendere l’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce. I colleghi che hanno aderito a questa giornata, ognuno in base alle proprie competenze, parleranno dei fattori di rischio, dello screening, di come viene fatta una diagnosi, di quali sono i sintomi che devono far insospettire, del delicato argomento delle terapie. E’ inoltre previsto uno spazio dedicato ai pazienti e agli ex pazienti che racconteranno la propria esperienza”.
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