giovedì, 23 marzo 2023
Medinews
23 Settembre 2003

IPERTENSIONE: A RISCHIO INFARTO LA META’ DEI QUARANTENNI ITALIANI

Solo la metà dei quarantenni maschi che soffre di ipertensione lo sa e si cura con farmaci appropriati; alla stessa età, un maschio su quattro e una femmina su sei hanno un colesterolo troppo alto, ma solo un terzo è attualmente in trattamento. Ecco perché un atteggiamento più attivo e orientato alla prevenzione, da parte dei medici di famiglia, potrebbe essere decisivo per cogliere in tempo quelle patologie e correggere quei comportamenti che, dopo i 50 anni, elevano notevolmente il rischio di malattie cardiovascolari, prima causa di morte in Italia.
È questo il risultato del progetto di prevenzione primaria cardiovascolare “VIS” (Vivere in salute), una ricerca condotta nel Friuli-Venezia Giulia sotto gli auspici di Health Search, l’istituto di ricerca della Società italiana di medicina generale (SIMG), i cui risultati preliminari saranno illustrati oggi pomeriggio alle 16.30 nell’auditorium dell’ospedale San Polo di Monfalcone (Gorizia), presente l’assessore regionale alla Sanità Gianni Pecol Cominotto.

La ricerca è stata promossa dal Centro regionale di formazione per l’area della Medicina generale della Regione Friuli-Venezia Giulia, che si occupa dell’aggiornamento permanente dei medici di famiglia, con un finanziamento straordinario della stessa Regione e un contributo della casa farmaceutica Pfizer Italia, partner del progetto. L’indagine è stata condotta da 54 medici di famiglia del Friuli-Venezia Giulia in un periodo di sei mesi, dal novembre 2002 all’aprile 2003, su un campione di 1.058 assistiti (581 femmine e 477 maschi) nati nel 1963, prossimi quindi al compimento dei 40 anni.
Durante la ricerca, i medici di famiglia coinvolti hanno rovesciato il modello prevalente della “medicina d’attesa” (il medico aspetta che il paziente si presenti in ambulatorio per un problema di salute o per un certificato) in una “medicina d’iniziativa”. I medici hanno così preso contattato direttamente con i propri assistiti nati nel 1963, invitandoli a sottoporsi a una serie di esami (peso, pressione arteriosa e frequenza cardiaca, colesterolo, glicemia) e a un colloquio-questionario su abitudini al fumo, sull’attività fisica, sull’alimentazione e sulla familiarità per alcune patologie.
I medici hanno in sostanza raccolto per ciascun assistito quarantenne i dati sui principali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari. Per misurare l’importanza della ”medicina d’iniziativa”, basti pensare che i medici di famiglia – secondo una ricerca condotta da Health Search su un campione nazionale – non dispongono di una registrazione di almeno un valore di colesterolo negli ultimi cinque anni per il 39,7 % dei loro pazienti tra i 40 e i 69 anni, e di un valore di pressione arteriosa negli ultimi due anni per il 53,6 % dei pazienti sempre della stessa fascia d’età. E si tratta di due dati fondamentali per stimare il rischio che nei successivi dieci anni si manifesti un evento acuto cardiovascolare.

Ecco alcuni degli altri dati emersi dall’indagine condotta nel Friuli-Venezia Giulia: a quarant’anni la popolazione maschile è per 2/3 in sovrappeso o francamente obesa, mentre le femmine lo sono per 1/3; la circonferenza vita è al di sopra di una soglia critica in circa 1/5 dei quarantenni dei due sessi; un soggetto ogni sei, sia tra i maschi che tra le femmine, dichiara di non svolgere alcuna attività fisica, né sul lavoro, né nel tempo libero; i fumatori sono un terzo dei maschi e un quarto delle femmine; i valori della pressione sono al di sopra dei criteri di definizione dell’ipertensione sistolica in un maschio su tre e in una femmina su sei e al di sopra di quelli per l’ipertensione diastolica in un maschio su cinque e in una femmina su sei.
La “fotografia” del campione di quarantenni che emerge dall’indagine è che siamo di fronte a uomini e donne che “si sentono bene”, anche se non si può proprio dire che “scoppiano di salute”. Ecco perché la “medicina d’iniziativa” o ”anticipatoria”, mirata cioè alla salute prima ancora che alla malattia, consente un’analisi dei fattori di rischio molto più completa e attenta. Tutto ciò implica fra l’altro, come ha mostrato l’indagine, un aumento del carico di lavoro dei medici di famiglia tutto sommato modesto. Nei sei mesi dell’indagine, infatti, i 54 medici coinvolti sono passati da una media annua di 5,6 contatti all’anno per paziente quarantenne a una media di 7,2.
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