I dati presentati per la prima volta all’XI Conferenza Nazionale AIOM di Cosenza
Cosenza, 2 dicembre 2005 – Nel 1990 morivano di tumore in Italia circa 280 uomini e 150 donne ogni 100.000 abitanti. Nel 2002, 12 anni più tardi, i decessi nei maschi sono scesi a meno di 240, con un risparmio di 50 vite per ognuna delle neoplasia conosciute. Per le donne l’andamento è abbastanza simile, anche se la diminuzione della mortalità è più recente e risale agli anni 1994-95: dai 150 decessi si è passati a 125, vale a dire che nell’arco di 10 anni sono vive 25 donne in più per ogni forma tumorale. Un progresso enorme, se si considera il breve lasso di tempo in cui si è realizzato ed evidente soprattutto nelle aree del Centro-Nord della Penisola, mentre al Sud e nelle Isole il trend di mortalità, in aumento sino alla fine del secolo scorso, oggi sembra stabilizzarsi. A provocare il maggior numero di morti in assoluto sono sempre i 4 big killer: mammella, polmone, colon retto e prostata.
I dati, frutto di una ricerca epidemiologica condotta dall’Istituto Superiore di Sanità, che ha analizzato la mortalità per tumori in Italia dal 1970 al 2002, sono stati illustrati in anteprima all’XI Conferenza nazionale AIOM. Il convegno, che ha per titolo “Oncologia medica: traguardi e prospettive” e vede la partecipazione di 200 esperti da tutta Italia, si è aperto ufficialmente questa sera al Teatro Rendano di Cosenza, presieduto dal dott. Gianfranco Filippelli, direttore dell’Unità Operativa di Oncologia Medica dell’Azienda Sanitaria di Paola e dal prof. Emilio Bajetta, direttore del reparto di Oncologia Medica dell’Istituto dei Tumori di Milano e presidente nazionale AIOM. Alla cerimonia inaugurale erano presenti il presidente della Regione Calabria on. Agazio Loiero, il sindaco di Cosenza Eva Catizone, l’assessore alla Salute on. Doris Lomoro e il presidente della Provincia Mario Oliverio.
Sono due essenzialmente i motivi di questo straordinario progresso, oggetto di discussione alla Conferenza. “Un grande aiuto nella lotta contro numerosi tumori – spiega il prof. Bajetta – viene dalle recenti scoperte della biologia molecolare, che hanno consentito di identificare, e in molti casi di colpire in maniera selettiva e specifica, fattori (di crescita, recettori, enzimi, etc.) responsabili della crescita e della diffusione incontrollata delle cellule tumorali all’interno dell’organismo. Grazie all’identificazione di molecole che interagiscono con un difetto specifico, le cosiddette target therapy, l’approccio alla farmacologia antineoplastica è radicalmente cambiato, passando da una farmacologia basata sulla malattia ad una terapia trasversale guidata sul difetto molecolare, con un aumento quindi delle possibilità di successo e minori effetti collaterali. L’altro aspetto – prosegue il presidente AIOM – riguarda la prevenzione, sia primaria che secondaria. Le campagne informative condotte anche dalla nostra associazione, la maggiore consapevolezza della popolazione per la propria salute e la diffusione degli screening per i tumori più diffusi, seno e colon, hanno contribuito ad una diagnosi sempre più precoce, con un aumento proporzionale della sopravvivenza e delle guarigioni”.
Oggi per moltissimi malati il cancro non rappresenta più una sentenza senza appello: il 50% dei pazienti guarisce e sono in aumento le percentuali di chi è vivo a 5 anni dalla diagnosi: un traguardo considerato l’anticamera della guarigione. “Il prossimo passaggio – sostiene il dott. Filippelli – sarà la definitiva cronicizzazione della malattia. L’ASCO, la società americana di oncologia clinica, sostiene che la si possa raggiungere entro 10 anni. Per questo la ricerca nei prossimi 10-15 anni sarà impegnata nella messa a punto di molecole in grado di interferire con i principali processi di proliferazione, invasione e metastasi che sono alla base della capacità delle cellule tumorali di far morire il paziente. La complessità di questa sfida risiede, come già detto, nella eterogeneità delle forme tumorali. Ne deriva la necessità di una ridondanza di agenti terapeutici non solo capaci di bloccare uno o più meccanismi coinvolti nel processo tumorale ma anche di poter essere utilizzati per anni. In sintesi, l’importante non è solo l’uccisione delle cellule neoplastiche ma garantire un equilibrio del tumore con l’ospite tale da consentirne la sopravvivenza senza segni e sintomi legati alla malattia. Un obiettivo sicuramente ambizioso ma, credo, realistico”.
Un ruolo fondamentale lo dovrà giocare, infine, anche la comunicazione. “Bisognerà enfatizzare molto il concetto di malattia cronica – conclude il prof. Bajetta – eliminando l’aura di tragedia dietro la parola cancro. Solo in questo modo si potranno gestire in maniera razionale ed efficace i progressi che i nuovi farmaci potranno dare: nessuna cura miracolosa, ma costanti avanzamenti nel rendere il cancro una malattia sempre meno mortale”.