Italia leader nei trapianti, in pubblicazione uno studio su ‘Transplantation’. Liste d’attesa azzerate e 10% di successi in più rispetto al resto d’Europa
Milano, 3 giugno 2004– Nel settore dei trapianti d’organo i viaggi della speranza invertono la rotta: dall’estero in Italia, dove esistono centri d’eccellenza mondiale come quello di Padova e un coordinamento interregionale (il North Italian Transplant, NIT, di Milano) perfetto. I risultati sono ancora più entusiasmanti nei bambini: una tecnica, introdotta nel ‘99, lo split liver, a 5 anni di distanza si rivela salvavita. La sopravvivenza registrata al Dipartimento trapianti di Padova è dell’85%, il 10% in più della media europea e le liste d’attesa sono state azzerate. Numeri da eccellenza mondiale, dunque, risultati di uno studio quinquennale coordinato dal NIT, in corso di pubblicazione su Transplantation, principale rivista internazionale del settore, presentati in anteprima oggi a Milano. I dati saranno argomento di discussione per i maggiori esperti internazionali riuniti al convegno ‘Pediatric Liver Transplantation’, dal 5 al 7 giugno al Centro Congressi di Venezia Lido. “Al centro trapianti di Padova giungono ormai pazienti da tutta Europa, specie da quella dell’Est – afferma il prof. Franco Zacchello, direttore del Dipartimento di Pediatria dell’Azienda Universitaria patavina – Nel ‘93 siamo stati i primi in Italia ad eseguire il trapianto di fegato pediatrico, da padre a figlio, e da allora abbiamo effettuato poco meno di 400 interventi di sostituzione d’organo nei bambini (rene, fegato, cuore), molto spesso sotto i 5 anni, una fascia d’età che raggruppa i pazienti più difficili da trattare”.
L’esecuzione dello split liver è strettamente legata alla collaborazione tra le strutture: l’organo prelevato dal donatore viene tagliato in due; l’équipe di un centro preleva la parte sinistra, molto più piccola e la impianta in un bambino, anche di età inferiore ad un anno, la seconda équipe si occupa di impiantare la parte destra, più grande, in un adulto. “L’intervento riesce ed è possibile – spiega il prof. Umberto Cillo, chirurgo del Dipartimento dei Trapianti di Padova – solo se c’è una stretta collaborazione tecnica tra le due èquipe chirurgiche che si ritrovano sul tavolo operatorio. In Italia abbiamo sviluppato la tecnica dello split liver in modo estremamente brillante: la stragrande maggioranza dei fegati prelevati da donatori cadavere vengono divisi in modo che tutti i bambini in lista abbiano un’attesa molto breve e non ci sia più quindi la necessità di ricorrere ai genitori, cioè al trapianto da vivente. Si tratta di un’eccellenza tutta italiana – sottolinea Cillo – gli altri Paesi, Usa, Francia, Germania, Inghilterra e Giappone utilizzano ancora il trapianto genitori-figlio”.
In base alle osservazioni più recenti, inoltre, “Non sembra così certo che il paziente che riceve una frazione di fegato da un parente, piuttosto che da un donatore non consanguineo, abbia minor rischio di rigetto – precisa la prof. Lucia Zancan, gastroenterologa e pediatra dell’Università di Padova – Il trapianto da donatore vivente, non dà quindi un grande vantaggio immunologico”.
Eppure in Italia la diffusione dello split liver è partita in ritardo rispetto all’estero; ma successivamente, grazie ad un miglior coordinamento interregionale assicurato dal centro di riferimento per i trapianti del Nord Italia – il North Italian Transplant (NIT) di Milano – il nostro Paese è diventato leader a livello internazionale. “Questo perché – spiega ancora il prof. Cillo – all’estero o ci sono pochi grandi centri, come negli Usa, oppure non c’è una stretta collaborazione interregionale come in Italia”.
Non tutti i centri che si occupano di trapianti epatici su adulti, praticano anche quello pediatrico; “sono solo 3 o 4 le strutture italiane che operano i bambini – spiega il prof. Davide D’Amico, direttore del Dipartimento di chirurgia e trapianti d’organo del Policlinico di Padova – e quindi la ripartizione degli emifegati soddisfa la richiesta in tempi brevi: attualmente a Padova abbiamo due soli malati in lista d’attesa e mediamente i tempi per reperire un fegato compatibile e disponibile sono dell’ordine di un mese e mezzo. Fortunatamente l’incidenza delle principali patologie che rendono indispensabile un trapianto di fegato in età pediatrica (malattie d’origine genetica, ostruzione delle vie biliari e una serie di malformazioni epatiche) non è elevata”.
I piccoli pazienti che necessitano del trapianto (circa 60 all’anno) vengono inseriti nella lista di coordinamento del NIT e attendono a casa – nel comfort delle loro famiglie, sottoponendosi periodicamente a dei controlli – la disponibilità di un organo adatto; nel momento in cui ciò si verifica c’è tutto il tempo per raggiungere il centro trapianti. Una dimensione più umana dello svolgersi dell’operazione e dell’attesa rispetto al trapianto da vivente che richiede una tempistica molto più serrata, con conseguenze positive per tutta la famiglia.