Primo convegno nazionale a Modena tra medici, giornalisti, pazienti e industrie.
Modena, 15 ottobre 2004 – Attenzione a parlare e a scrivere in termini miracolistici delle nuove terapie, in particolar modo quando l’argomento è il cancro. Dall’altra parte dello schermo televisivo e del giornale ci sono migliaia di persone che vivono direttamente il dramma della malattia, o ci convivono in casa, e notizie gonfiate rischiano di creare solo illusioni. Per questo è necessario trovare un giusto equilibrio tra gli interessi di chi lancia la notizia, chi la diffonde e chi, suo malgrado, la subisce. Di tutto ciò si parla oggi, all’Hotel Fini di Modena nel primo convegno nazionale su “La Gestione dell’informazione in oncologia” promosso dal Dipartimento di oncologia ed ematologia dell’Università di Modena e Reggio Emilia diretto dal prof. Piefranco Conte, in collaborazione con l’Accademia Nazionale di Medicina. Per l’intera giornata medici, giornalisti, ricercatori, amministratori, rappresentanti dei pazienti e dell’industria, fra i più autorevoli esponenti del mondo scientifico italiano, si confrontano sulla necessità di trovare un linguaggio comune tra pazienti, clinici, amministratori e media per trasferire nella pratica clinica i risultati della ricerca. Con l’obiettivo di trovare un accordo sulla sua migliore gestione, a tutto vantaggio dei pazienti. Da qui la scelta di far nascere il primo Osservatorio sull’Informazione in Oncologia, una struttura permanente che si occuperà a 360 gradi di monitorare quanto pubblicato sui media italiani in materia, di elaborare proposte e progetti, di formare medici e operatori dell’informazione e presentare report periodici alle autorità sanitarie.“In Italia oggi non esiste nulla di tutto ciò – sottolinea il prof. Conte. Eppure l’esigenza di meglio comprendere questi fenomeni è enorme. La comunicazione dei risultati della ricerca e degli effettivi avanzamenti nella cura dei pazienti oncologici rappresenta una delle sfide che la medicina deve affrontare per mantenere credibilità e fiducia nei confronti del pubblico. I linguaggi dei ricercatori, dei clinici, dell’industria farmaceutica, degli amministratori, dei pazienti e dei media – aggiunge il prof. Conte – spesso infatti differiscono radicalmente tra loro, anche se superficialmente pensano di parlare in modo univoco”. L’obiettivo del convegno, cui partecipano, fra gli altri, il prof. Silvio Garattini, il prof, Dino Amadori, il prof. Riccardo Masetti, Luciano Onder “è di sottolineare che alla base della comunicazione vi sono diversi e legittimi interessi, per cui è importante dare il giusto peso alle notizie a seconda delle fonti di provenienza. È chiaro che chi investe nella ricerca – prosegue il direttore dell’Oncologia del Policlinico di Modena – ha tutto l’interesse perché emergano dati positivi e vengano diffusi. Che chi deve amministrare il denaro pubblico per garantire livelli di assistenza appropriati alla maggior parte delle persone ha interesse a capire dove è meglio investire risorse. Ma è soprattutto vero che i malati rappresentano l’anello debole della catena e dovrebbero essere difesi già alla fonte”.
Al di la degli interessi commerciali, che spesso nascondono l’ambiguità dei linguaggi, esiste inoltre una effettiva controversia nel definire – dal punto di vista delle diverse parti in causa – come misurare la rilevanza dei risultati della ricerca.
Ciò è ancora più importante in campo oncologico, perché di tumore si ammalano sempre più persone e malgrado gli oggettivi progressi scientifici il cancro suscita tuttora una paura irrazionale. Le notizie che riguardano la patologia devono quindi essere ponderate e gestite senza superficialità.
La tavola rotonda che chiude il convegno affronta infine il difficile tema della comunicazione medico paziente, considerato uno dei punti fondamentali per una buona riuscita del percorso di cura. “Le capacità comunicative del medico – spiega il prof. Conte – non sempre sono adeguate a gestire al meglio il rapporto con il malato. Purtroppo si impara sul campo, perché non esiste un addestramento formale nelle Università. Il risultato di queste lacune è che spesso i pazienti girano per gli ambulatori con informazioni sbagliate, lamentano un cattivo rapporto con uno o più medici, o non seguono le cure come dovrebbero. In questi casi la comunicazione pesa tantissimo: nel caso di patologie gravi i pazienti e i familiari si attivano per consultare il maggior numero di persone possibili e alla fine si fidano solo di chi è stato in grado di fornire loro in modo esauriente le informazioni che cercano e la strada terapeutica da seguire”.