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Medinews
13 Aprile 2007

TUMORE DEL SENO, LA RICETTA VINCENTE? IL TANDEM TERAPEUTICO CHE PROTEGGE LE DONNE

Presentati ulteriori dati che confermano l’efficacia della combinazione dell’innovativo trastuzumab e del docetaxel nel trattamento dei carcinomi linfonodo-positivi

S. Antonio, 16 dicembre 2006 – Farmaci innovativi a bersaglio molecolare associati a molecole antitumorali classiche: si conferma sempre di più questo schema nella lotta al tumore del seno. Sia nella pratica clinica sia negli studi multicentrici ad ampio respiro. La nuova conferma viene da S. Antonio in Texas, dove è in corso fino al 17 dicembre il 29° Simposio sul Carcinoma mammario, vero e proprio congresso mondiale su questo tipo di tumore. “Un mix di tradizione e innovazione allontana lo spettro di una recidiva che minaccia le donne colpite da tumore del seno senza aggiungere tossicità. L’anticorpo monoclonale trastuzumab – spiega il prof. Angelo Raffaele Bianco, direttore del Dipartimento di Endocrinologia e Oncologia Molecolare e Clinica dell’Università Federico II di Napoli – appartenente al gruppo dei farmaci a bersaglio molecolare, con indicazione elettiva per le pazienti con carcinoma mammario positivo per recettore HER2, è sensibilmente più efficace, ma non per questo più tossico, se associato a un farmaco antitumorale classico quale il docetaxel”. Era stato lo studio BCIRG 006, presentato all’edizione del 2005 del congresso di S. Antonio a provare questo vantaggio. Ad un anno di distanza giungono ulteriori dati che sottolineano la bontà dell’utilizzo di trastuzumab e docetaxel.
Lo studio BCIRG ha valutato l’efficacia e la tossicità cardiaca del trastuzumab in associazione al docetaxel e al carboplatino nella terapia adiuvante del carcinoma mammario con linfonodi ascellari metastatici e non solo dopo la chirurgia del tumore primitivo. Tale combinazione era stata scelta sulla scorta di dati preclinici che dimostravano un netto sinergismo tra il trastuzumab e il docetaxel-carboplatino. Lo studio è stato condotto su 3.171 pazienti con tumore mammario positivo per HER2. I dati sottolineano la validità della combinazione in termini di efficacia. Punto chiave: la combinazione contiene una tossicità cardiaca nettamente inferiore – il 50% in meno – rispetto alle pazienti di confronto trattate con l’antraciclina, come la doxorubicina. Risultati significativi quindi su cui è importante riflettere, come sottolinea il prof Pierfranco Conte, direttore del Dipartimento di Oncologia Medica dell’Università di Modena. “Oggi siamo consapevoli – e questo studio lo conferma – che per combattere al meglio i tumori non sempre il farmaco più innovativo da solo risulta il più efficace. Piuttosto dobbiamo impegnarci per garantire ogni volta alle donne la giusta terapia intesa come trattamento ritagliato sulle caratteristiche della singola paziente. È stato calcolato infatti che ogni anno in Europa verrebbero salvate 5mila vite, 1000 solo in Italia, se venissero somministrati i trattamenti adeguati”.

Il tumore della mammella resta il nemico numero uno delle donne: solo in Italia colpisce infatti ogni anno più di 36mila (36.634) uccidendone oltre 11mila (11.345). Costituisce la prima causa di morte nella fascia d’età tra i 35 e i 44 anni, e la seconda per le donne oltre i 55 anni. Colpisce di più il Nord rispetto al Sud della Penisola. “I motivi di questa distribuzione geografica – aggiunge il prof. Pierfranco Conte – non sono completamente noti anche se, verosimilmente, sono correlati sia alle abitudini riproduttive (al Nord le donne hanno meno figli) sia all’alimentazione e all’industrializzazione”.
Tanti gli strumenti per combattere questo big killer: prevenzione, diagnosi precoce, chirurgia conservativa, chemioterapie combinate e terapie ormonali che permettono di assicurare alla maggioranza delle donne colpite la guarigione. I risultati presentati lo scorso anno e oggi a S. Antonio aggiungono altri tasselli al puzzle, confermando la necessità di tarare la terapia sulle caratteristiche specifiche delle pazienti. “Se per le pazienti con tumore allo stadio iniziale – spiega Conte – la chirurgia può essere risolutiva, spesso è necessario ricorrere a cicli di chemioterapia adiuvante. La terapia cambia ulteriormente se le donne colpite sono positive al recettore HER2, perché le elegge a un trattamento con l’anticorpo monoclonale trastuzumab, un farmaco specifico per questa categoria di pazienti”. Oggi, grazie allo studio BCIRG006, sappiamo che possiamo somministrare questa molecola a tutte le pazienti che ne beneficeranno se lo associamo correttamente con farmaci che non ne aggravano la tossicita’, ma anzi ne esaltano i benefici, docetaxel e carboplatino. “Il docetaxel – spiega il prof Bianco – è uno dei farmaci antineoplastici classici di maggiore rilievo tra quelli apparsi negli ultimi anni. E’ attivo in un gran numero di patologie, alcune notoriamente resistenti come il carcinoma del polmone non a piccole cellule ed il carcinoma prostatico. Il suo pezzo forte è, però, il carcinoma mammario. In uno studio precedente del BCIRG (Breast Cancer International Research Group), lo 001, in combinazione con doxorubicina (antitraciclina) e ciclofosfamide (TAC) aveva un netto aumento della sopravvivenza rispetto al braccio di controllo con chemioterapia standard senza docetaxel (FAC=fluorouracile, antraciclina, ciclofosfamide) in pazienti con linfonodi metastatici. In parallelo, nella malattia metastatica, il docetaxel, in associazione al trastuzumab, aveva prodotto un significativo allungamento della sopravvivenza”. Dalla terapia della malattia metastatica alla terapia adiuvante il passo è stato breve. Continua il Prof. Conte “Il trattamento con trastuzumab è gravato da una significativa incidenza di tossicità cardiaca quando esso è associato all’antraciclina, quest’ultima ritenuta fino ad oggi farmaco cardine della terapia adiuvante del carcinoma mammario. Lo studio BCIRG 006, ha oggi dimostrato che la migliore associazione e la somministrazione precoce di trastuzumab con docetaxel e carboplatino consentono di eliminare l’antraciclina senza detrimento per la sopravvivenza delle pazienti, ma anzi senza sequele cardiache che preoccupano al punto di dover negare trastuzumab a pazienti che ne trarrebbero beneficio”. La giusta combinazione consente di dare il miglior trattamento disponibile al maggior numero di donne possibile senza compromettere il loro stato di salute a lungo termine.
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