mercoledì, 4 dicembre 2024
Medinews
21 Marzo 2006

TUMORE DEL COLON, NUOVA TERAPIA SALVAVITA PER I PAZIENTI CON METASTASI

sez,420

Disponibile anche in Italia il cetuximab, primo anticorpo monoclonale anti EGFR

Scarica la cartella stampa



Milano, 13 luglio 2005 – E’ l’ultima frontiera per chi sta lottando contro un tumore del colon e non ottiene risultati dalle terapie finora utilizzate. La nuova molecola, oggi disponibile anche in Italia, rimborsabile dal SSN, si chiama cetuximab ed è il primo anticorpo monoclonale anti EGFR. In associazione ai farmaci chemioterapici (in particolare l’irinotecan), il cetuximab svolge un’attività importante nei pazienti in fase avanzata di malattia. Inoltre, dati preliminari di studi internazionali indicano che l’aggiunta di questo anticorpo monoclonale alla chemioterapia permette di incrementare fino al 25% la possibilità di intervenire chirurgicamente sui pazienti con metastasi epatiche, precedentemente inoperabili. “Si tratta di risultati eccezionali – spiega il dott. Salvatore Siena, direttore della Divisione di Oncologia Medica Falck dell’Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano – che aprono nuove concrete speranze per le oltre 37.000 persone a cui ogni anno in Italia viene diagnosticato un cancro del colon. Una svolta quasi epocale se si pensa che negli anni ’70 la sopravvivenza di questi pazienti era di soli sei mesi. Oggi, grazie ai nuovi trattamenti, è possibile raggiungere i due anni”. Un traguardo quest’ultimo che era tra gli obiettivi principali indicati dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM).

“Il cetuximab – spiega il prof. Fortunato Ciardiello, associato di Oncologia Medica della II Università di Napoli – agisce su un recettore cellulare specifico, l’Epidermal growth factor receptor (EGFR), presente – o per meglio dire, iper espresso – in alcuni tipi di cancro: polmone, prostata, colon, ovaio, testa collo. Questa iper espressione è correlata alla metastatizzazione del tumore e ad una prognosi negativa. Gli effetti farmacologici clinicamente più rilevanti a fini terapeutici di cetuximab, evidenziati da circa 20 anni di ricerca preclinica e clinica sono: l’attività antitumorale diretta contro neoplasie umane che esprimono l’EGFR; il potenziamento dell’attività antitumorale dei trattamenti citotossici convenzionali (chemioterapia e radioterapia); la possibilità di un effetto antitumorale anche di tipo anti-angiogenetico. Tutte queste caratteristiche rendono il farmaco un importante strumento terapeutico, attualmente disponibile per i pazienti con neoplasia colorettale metastatica refrattaria alla chemioterapia con irinotecan, ma che nel giro di un paio di anni sarà probabilmente utilizzato anche nel trattamento iniziale del carcinoma colorettale metastatico, insieme ad altri farmaci chemioterapici”.
I dati di riferimento del dossier registrativo sono basati sullo studio europeo multicentrico BOND (Bowel Oncology with Cetuximab Antibody) condotto in 11 Paesi europei e in 57 ospedali, tra i quali quello del dott. Siena, su 329 pazienti totali. “Lo studio – afferma il direttore dell’Oncologia Falck del Niguarda – prevedeva il confronto tra una terapia di combinazione a base di cetuximab e irinotecan, rispetto ad una monoterapia con cetuximab, e intendeva valutare la risposta obiettiva, il tempo alla progressione della malattia, la sopravvivenza e gli effetti collaterali alla luce di precedenti dati clinici che indicavano che cetuximab è attivo contro il cancro del colon metastatico refrattario o recidivato dopo precedenti terapie chemioterapiche. Il BOND ha evidenziato che più del 50% dei pazienti curati con i due farmaci in combinazione ha ottenuto risultati importanti: un 23% di risposta obiettiva e un 56% di controllo di malattia. Risposte al trattamento abbastanza inusuali in pazienti con malattia avanzata già precedentemente sottoposti a 3-4 linee di chemioterapia, generalmente associate ad un incremento della sopravvivenza. E’ infatti ragionevole ritenere che il guadagno in sopravvivenza con la combinazione cetuximab/irinotecan rispetto alla miglior terapia di supporto sia nel range di 3 mesi”.
Come detto, il traguardo raggiunto era tra le priorità degli oncologi medici italiani. “Le scoperte di biologia molecolare – sostiene il prof. Emilio Bajetta, direttore dell’Oncologia Medica dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e presidente eletto dell’AIOM – così come la messa a punto di diverse metodiche in grado di studiare la differente espressione dei geni a livello di mRNA (genomica) e di proteine (proteomica), consentiranno in un futuro ormai prossimo un “tailored treatment” su un dettagliato profilo molecolare della neoplasia, arrivando cioè ad una personalizzazione della terapia. Compito dell’AIOM, oggi come in passato, è di coordinare gruppi di studio ad hoc, chiamati per esempio a ridefinire i criteri di valutazione della risposta dei farmaci. E’ necessario inoltre stabilire anche nuovi parametri predittivi di questa risposta (selezione dei pazienti, anche in ragione di una ottimizzazione della cura visto i costi elevati); definire la durata della terapia in caso di combinazione con i chemioterapici e, di conseguenza, la modalità di somministrazione (non più per cicli come con la chemioterapia ma in modo continuativo). Al termine di questo lavoro dovranno essere redatte nuove linee guida”.
Quello dei costi è uno dei problemi sul tappeto a cui l’AIOM, in collaborazione con l’Agenzia del farmaco (AIFA), sta cercando di dare una risposta. “Uno degli obiettivi del tavolo di confronto con AIFA – conferma il prof. Roberto Labianca, direttore dell’Unità di Oncologia Medica degli Ospedali Riuniti di Bergamo e presidente dell’AIOM – è l’ottenimento di una corsia preferenziale per rendere disponibili subito anche in Italia i farmaci innovativi. Di solito, purtroppo, passano anni dal momento in cui si ha l’evidenza dell’efficacia di un farmaco alla possibilità per i pazienti di utilizzarlo. Noi oncologi rivendichiamo invece il diritto a utilizzare una terapia nel momento in cui viene documentata la sua efficacia. Con l’AIFA discuteremo quindi dell’uso off-label, uso peraltro già consentito ma che comporta difficoltà di spesa e di ordine medico legale. Per quanto riguarda i costi, è nostra intenzione, con l’Agenzia del Farmaco, intervenire sui meccanismi tecnici della rimborsabilità. Oggi i costi associati a questi farmaci gravano sui reparti di oncologia. Per ora è solo un’idea, ma tra le ipotesi che si stanno affacciando c’è anche quella di istituire un fondo speciale per i nuovi farmaci, distinto dai costi complessivi dell’attività clinica”.
TORNA INDIETRO