Uno studio della dr.ssa Brandes, di prossima pubblicazione sul Journal of Clinical Oncology, mostra risultati mai ottenuti prima nella cura del glioblastoma
Bologna, 22 febbraio 2008 – Il tumore del cervello fa meno paura. Per il glioblastoma, la più aggressiva fra le neoplasie del sistema nervoso centrale, la sopravvivenza dopo due anni dalla diagnosi negli ultimi tre anni è passata dal 10% con il solo trattamento radioterapico al 40% con i nuovi trattamenti combinati. I dati emergono da uno studio condotto su 103 pazienti dalla dr. ssa Alba Brandes, direttore dell’U.O. Complessa di Oncologia dell’Ospedale Bellaria–Maggiore di Bologna – e vengono presentati oggi in occasione del quarto congresso mondiale sui tumori del cervello, ospitato per la prima volta nel capoluogo emiliano. “Il nostro studio è stato condotto con la somministrazione di un chemioterapico per via orale, la temozolomide, in associazione alla radioterapia, e successivamente il solo farmaco in cicli mensili di terapia. Questo trattamento sequenziale è stato prolungato oltre i 6 mesi canonici sino ad almeno 12 mesi o, nei casi fosse presente ancora un dubbio di presenza di malattia anche oltre i 12 mesi. Sono state inoltre valutate le caratteristiche genetiche dei tumori ed in particolare il gene MGMT, che permette di produrre una proteina capace di riparare i danni indotti dalla chemioterapia sulla cellula tumorale di glioblastoma. L’assenza (metilazione) di questo gene ha quindi permesso di prevedere l’efficacia della temozolomide. Grazie all’integrazione dei dati genetici e delle caratteristiche dei quadri neuroradiologici siamo stati in grado di proseguire il trattamento anche in quei casi dubbi dove un tempo veniva interrotto il trattamento nel sospetto di ricrescita della malattia, con notevoli risultati in termini di aumento della sopravvivenza e qualità di vita dei malati, finora insperati nel trattamento di questa patologia”. Lo studio è di prossima pubblicazione sul Journal of Clinical Oncology una fra le più prestigiose riviste oncologiche internazionali.
Al congresso presente anche la ricercatrice svizzera Monika Hegi scopritrice del gene MGMT.
“Il prolungamento della terapia di mantenimento con la temozolomide può impattare positivamente sulla sopravvivenza. Il National Cancer Institute del Canada ha già cambiato le linee guida. Altro dato importante è che questi risultati clinici indicano per la prima volta che la ‘target therapy’ funziona anche per i tumori del cervello, come avviene per altri tipi di cancro, come quello della mammella, del colon, del polmone. Questi dati sono destinati a influenzare le future strategie terapeutiche.”
Il glioblastoma è una patologia altamente aggressiva: rappresenta il 12-15% di tutti i tumori del cervello e il 50-60% di quelli astrocitari, con un’incidenza nel mondo di 175 mila casi e 125 mila decessi. Non vi sono fattori di rischio conosciuti: in rarissimi casi è stata documentata una familiarità ma non una vera e propria ereditarietà. “Si tratta di numeri statisticamente importanti ma che acquistano un significato ancora più rilevante visto il forte impatto sociale di questa patologia – prosegue la dott.ssa. Brandes -: il glioblastoma infatti può colpire persone giovani, nel pieno della propria lavorativa ed affettiva, che più risentono della perdita di produttività, autosufficienza e ruolo nella famiglia e nella società. Non sono state inoltre rilevate, con questo trattamento prolungato, tossicità rilevanti nella maggioranza dei pazienti”.