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Medinews
23 Dicembre 2003

TUMORE AL SENO, GENOVA IN PRIMA FILA NELLA RICERCA. DUE STUDI SCOPRONO COME MIGLIORARE LA SOPRAVVIVENZA

Le uniche ricerche italiane presentate al Congresso Mondiale di S. Antonio in Texas

Genova, 22 dicembre 2003 – Ridurre l’intervallo di tempo tra un ciclo di chemioterapia e l’altro aumenta sensibilmente la sopravvivenza nelle donne con meno di 50 anni operate di un tumore al seno in fase iniziale. Non solo. Sostituendo dopo due anni il trattamento adiuvante tradizionale (tamoxifene) con uno a base di un inibitore dell’aromatasi (anastrozolo), si dimezza ulteriormente il rischio di morte e di recidive. I dati, considerati dagli esperti di straordinaria importanza, emergono da due studi condotti dai ricercatori dell’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova, e presentati al congresso Mondiale sul cancro del seno appena concluso a San Antonio, in Texas. Gli autori dei due lavori, i dott. Francesco Boccardo e Marco Venturini, sono stati i soli italiani a cui è stato concesso il privilegio di una presentazione orale a questa assise, selezionati insieme ad altri 37 abstract, su più di 1000 accolti dal comitato scientifico. “E’ un risultato importantissimo – commenta Venturini, oncologo della divisione di Oncologia Medica dell’IST e tesoriere dell’Aiom – Prima di tutto per le donne, perché vengono offerte loro due nuove ed efficaci strategie di cura. Ma è anche un riconoscimento per il lavoro svolto in Italia e soprattutto nel nostro Istituto, che ancora una volta dimostra il suo ruolo di primo piano nel campo della ricerca mondiale”.

Il tumore del seno è la neoplasia che colpisce maggiormente le donne. Si calcola che ogni anno siano più di 31.000 quelle che sviluppano un cancro della mammella e che 11.000 ne muoiano. Negli ultimi anni i progressi dell’oncologia medica hanno consentito di raggiungere risultati importanti nella lotta a questa malattia. Le terapie oggi a disposizione permettono una sopravvivenza che sfiora l’80%, soprattutto quando il tumore viene diagnosticato in fase iniziale. Gli studi genovesi suggeriscono ora due nuove strade. Il gruppo del dott. Venturini ha presentato uno studio sul trattamento chemioterapico da adottare dopo un intervento chirurgico. “La ricerca, che ha preso in esame 1214 pazienti, ha dimostrato che ridurre l’intervallo tra un ciclo di chemioterapia e l’altro da 3 a 2 settimane, mantenendo inalterate le dosi di farmaco somministrate (5 fluorouracile, epirubicina e ciclofosfamide) riesce a migliorare la sopravvivenza delle pazienti più giovani. In particolare è stato registrata una riduzione del 49% del rischio di morte nelle donne al di sotto dei 50 anni”.
Il dott. Boccardo e il suo team hanno invece dimostrato la maggior efficacia di anastrazolo come terapia adiuvante, dopo i primi due-tre anni di trattamento con tamoxifene. Delle 426 donne prese in esame è risultata infatti una maggiore sopravvivenza nel gruppo che aveva intrapreso il nuovo percorso terapeutico rispetto a quello che continuava ad assumere il trattamento standard. Nello specifico, tra le 208 pazienti in cura con anastrozolo si sono registrati 4 decessi, rispetto ai 10 dell’altro gruppo di pazienti (218) che aveva proseguito la terapia con il tamoxifene. Solo 5 donne tra quelle trattate con anastrozolo hanno inoltre sviluppato un nuovo tumore contro le 10 che assumevano tamoxifene.
Come detto, gli studi condotti all’Istituto Nazionale di ricerca sul Cancro di Genova sono stati selezionati insieme ad altri 37 per essere presentati pubblicamente. “Al congresso gli abstract erano più di 1000 – conclude il dott. Venturini – ma noi italiani siamo riusciti a farci onore e a guadagnare un posto in prima fila. Oltre alla mia ricerca e a quella del dott. Boccardo, anche uno studio di anatomia patologica messo a punto dal dott. Giuseppe Viale dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano è stato infatti ammesso alla presentazione orale. Un risultato lusinghiero che deve spronarci a dare il massimo nella ricerca e nella cura di tutte le persone che si trovano a combattere la malattia”.
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