Sorrento, 6 marzo 2010 – Con bevacizumab si arricchisce l’armamentario terapeutico per la lotta contro il primo nemico delle donne che colpisce 40.000 persone l’anno in Italia
Una terapia intelligente unita alla chemioterapia permette di raddoppiare il tempo di sopravvivenza senza progressione nel tumore del seno in stadio avanzato. Come? Agisce bloccando i “rifornimenti” alla malattia: le taglia i viveri e quindi lo “uccide”. È il caso di bevacizumab, anticorpo monoclonale che agisce in maniera specifica sulla proteina VEGF, elemento chiave dell’angiogenesi tumorale, il meccanismo che regola la crescita e la proliferazione del cancro. Proprio a questo tema è dedicato il convegno nazionale “Dalla chemioterapia alla terapia anti angiogenica” che si chiude oggi a Sorrento, dove i maggiori ricercatori ed esperti italiani hanno fatto il punto sugli avanzamenti della ricerca nella lotta contro la neoplasia della mammella. “L’inibizione dell’angiogenesi, ovvero il “blocco” dei meccanismi che consentono al tumore di diffondersi nell’organismo, è una importante opzione terapeutica per le pazienti con cancro del seno in stadio avanzato, che hanno oggi una nuova arma mirata per affrontare la loro malattia” precisa il prof. Sabino De Placido, Ordinario di Oncologia Medica dell’Università ‘Federico II’ di Napoli e presidente del convegno. “Oggi disponiamo di terapie mirate più rispettose del paziente rispetto alla sola chemioterapia – spiega Carmelo Iacono, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) – la ricerca cura la persona nel suo complesso e non solo la malattia. Terapie efficaci che permettono di ottenere più sopravvivenza anche nel caso di metastasi, meno effetti collaterali e migliore qualità di vita dei pazienti con tumore”.Le stime effettuate sui dati reali osservati dei Registri Tumori italiani, parlano per il 2008 di 37.952 donne colpite da tumore della mammella, che risulta così il secondo carcinoma più diffuso e ancora purtroppo il primo per mortalità nel sesso femminile sotto i 55 anni. L’avvento delle terapie target, unito alla diffusione degli screening e al miglioramento delle tecnologie per la diagnosi, sta modificando lo scenario di questa patologia. Tra i protagonisti della “rivoluzione” gli anticorpi monoclonali, farmaci innovativi che hanno la capacità di colpire con precisione le cellule malate, senza danneggiare quelle sane. A trastuzumab, anticorpo monoclonale utilizzato sia nelle fasi avanzate sia in quelle precoci di un particolare tipo di tumore al seno (detto HER2 positivo), si affianca un altro farmaco, bevacizumab, che ha dimostrato benefici significativi nelle forme avanzate della malattia. Il bevacizumab lega e blocca in modo specifico la proteina VEGF, fattore chiave nell’angiogenesi tumorale, cioè nel processo di crescita e proliferazione del tumore. Il VEGF stimola la crescita, la sopravvivenza e la costruzione di nuovi vasi sanguigni; i tumori rilasciano questa proteina per circondarsi di nuovi vasi e ricevere così nutrienti e ossigeno per proliferare e diffondersi ad altri organi, cioè andare in metastasi. “Prove incontrovertibili e studi recenti al top della qualità – spiega il prof. De Placido – portano a concludere che il bevacizumab prolunga di circa il doppio il tempo senza progressione del tumore, cioè in pratica rallenta la sua proliferazione. Le applicazioni cliniche del bevacizumab nel tumore della mammella sono finora nel trattamento del tumore in stadio avanzato cioè metastatico, ma si stanno compiendo studi anche nel tumore precoce, quello che può essere trattato con la terapia adiuvante. Tali trial però non sono ancora arrivati a conclusioni definitive”. “Il problema clinico cruciale è divenuto oggi l’appropriatezza, cioè un maggiore rigore metodologico nella valutazione degli interventi terapeutici – spiega Iacono – ma bisogna ricordare che l’appropriatezza è anche un diritto del paziente, quello a ricevere la migliore cura possibile in qualunque oncologia del Paese ci si trovi ad essere curati. Sono questi gli impegni che come AIOM ci siamo presi contribuendo con le Istituzioni sanitarie, AIFA e Ministero, che hanno riconosciuto AIOM quale interlocutore privilegiato nella gestione oculata e razionale delle risorse e degli interventi”. “Bevacizumab è oggetto del più grande programma mondiale di trial clinici mai realizzato in oncologia, con oltre 300 studi clinici e 350.000 pazienti coinvolti per indagarne le potenzialità in oltre 20 tipi di tumore. Roche ha cambiato il modo in cui oggi vengono trattati i tumori, sviluppando terapie oncologiche che rappresentano progressi terapeutici importanti, aiutando i pazienti affetti da tumore a vivere più a lungo, a mantenere la loro qualità di vita e in alcuni casi ad arrivare alla guarigione” conclude Antonio Del Santo, Group Leader Onco-Haematology di Roche S.p.A.