Ricercatori del nostro Paese dimostrano come individuare chi trarrà reale beneficio dalle terapie. Ogni anno 7.000 italiane potrebbero evitare cure con pesanti effetti collaterali
Genova, 2 gennaio 2008 – Di tumore del seno si guarisce sempre di più ma la chemioterapia fa ancora paura: mentre aiuta a combattere il tumore, può produrre effetti collaterali anche gravi. Per fortuna la ricerca continua e oggi si è compreso come limitare la tossicità delle terapie. Un’équipe genovese ha infatti identificato un legame diretto fra l’espressione di un gene, l’HER 2, e l’effetto benefico delle antracicline, una fra le più diffuse classi di chemioterapici. Questi farmaci antitumorali sono infatti efficaci nel prolungare la sopravvivenza della donne in cui il tumore esprime il recettore HER2, ma non offrono invece alcun beneficio in chi è HER2 negativo, il 70% del totale. Sono questi i significativi risultati di uno studio tutto italiano, condotto da un gruppo di ricercatori dell’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova e dell’Università di Genova. “La mancanza di beneficio delle antracicline nelle pazienti HER2 negative suggerisce che a queste donne possano essere evitati gli effetti tossici di questi chemioterapici e mette in dubbio l’utilità di utilizzarli in maniera indiscriminata” – affermano gli autori. Sulle circa 10.000 pazienti trattate ogni anno con chemioterapia “adiuvante” in Italia, ben 7.000 (2 su 3), potranno evitare i rischi associati alla terapia a base di antracicline, e anche alcuni effetti tossici, come in particolare la perdita dei capelli.La ricerca sarà pubblicata a gennaio 2008 sul Journal of the National Cancer Institute, la più prestigiosa rivista americana in oncologia ma, per la sua importanza, dal 25 Dicembre è stata messa a disposizione della comunità scientifica sul sito web della rivista.
Gli studi clinici hanno da tempo dimostrato che i regimi chemioterapici a base di antracicline sono in grado di diminuire sia l’incidenza delle recidive che la mortalità nelle donne operate per tumore al seno, se paragonati ai regimi che ne sono privi. Per contro però, gli stessi studi hanno evidenziato un’alta tossicità delle antracicline, accompagnata da un leggero aumento di rischio di danni al cuore e di sviluppo di leucemie. Alessandra Gennari, oncologa dell’IST e dell’Università di Genova, Maria Pia Sormani, ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze della Salute della stessa Università e Paolo Bruzzi, direttore del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’IST, insieme ad altri colleghi dello stesso Istituto e dell’Università, hanno raccolto e combinato i risultati di 8 studi che mettevano a confronto i regimi chemioterapici a base o meno di antracicline, e che riportavano anche i dati sulla positività o meno del recettore HER2.
Sul totale delle donne studiate, circa il 30% aveva un tumore che esprimeva il recettore HER2 (detto anche tumore HER2 positivo). Mentre in questo sottogruppo l’effetto benefico delle antracicline è stato confermato, e anzi è superiore a quello riportato in precedenza su pazienti non selezionate, nel restante 70% delle pazienti (HER2 negative) non si è osservato alcun vantaggio.
L’importanza di questo studio deriva dalla diffusione del tumore al seno, e dalla frequenza con cui vengono utilizzate le chemioterapie adiuvanti per ridurre il rischio di recidive: ogni anno in Italia circa 36.000 persone si ammalano di questo tumore e, anche se la maggioranza delle pazienti operate radicalmente (33-34.000) potrebbero essere in effetti già guarite, non è oggi possibile identificare preventivamente la quota in cui la malattia si ripresenterà.
Lo studio e’ stato finanziato dall’Ateneo genovese , dall’AIRC e da una benefattrice genovese che preferisce mantenere l’anonimato.