Il maggior numero di casi tra gli omosessuali sieropositivi. All’origine del fenomeno l’ abbassamento della guardia nei confronti delle più elementari norme di prevenzione
Roma, 20 marzo 2003 – Giovanissimi che sanno poco o nulla di malattie a trasmissione sessuale e uomini Hiv positivi, soprattutto omosessuali. Sono queste le due categorie dove negli ultimi tre anni si sono nuovamente rivisti focolai di sifilide, una malattia che si pensava quasi totalmente scomparsa, ma che dai dati più recenti appare invece in costante aumento. Particolarmente temibile tra l’altro – a detta degli esperti – per il suo ruolo di ‘sentinella’ dell’HIV, virus ormai a prevalente contagio sessuale. A mettere in guardia dal ritorno della sifilide, ma in generale di tutte le MST, sono i prof. Giampiero Carosi, presidente del III Congresso nazionale della SIMAST (Società Italiana di malattie sessualmente trasmesse) e direttore della Clinica di Malattie Infettive e Tropicali dell’Università di Brescia e il prof. Aldo Di Carlo, direttore della Struttura Complessa MST-AIDS dell’Istituto Dermosifilopatico S. Gallicano di Roma e vicepresidente di questo importante appuntamento scientifico, che da oggi a sabato riunisce i massimi esperti internazionali al Jolly Hotel di Roma.L’inversione di tendenza che sta preoccupando non poco gli esperti si è registrata nel 2001. “Fino ad allora, e a partire almeno dal 1991 – spiega il prof. Carosi, presidente del Congresso – tutti i 30 maggiori centri MST italiani avevano sistematicamente segnalato un progressivo calo delle diagnosi sia di sifilide che di gonorrea. In perfetta sintonia con gli altri Paesi europei, ad eccezione dell’ex Unione Sovietica, e con gli Stati Uniti dove nel ’98, vista la bassissima incidenza raggiunta dalla malattia – 2,6 casi ogni 100.000 abitanti – i Center for Disease Control and Prevention avevano addirittura messo a punto un programma per la sua eradicazione definitiva”. Ma proprio quando si pensava di averlo relegato nei libri di storia della medicina come un’eredità scomoda dei marinai di Cristoforo Colombo, diffusa in Italia dai soldati dell’armata di Carlo V, il batterio treponema pallidum, l’agente eziologico della sifilide, ha ripreso a colpire. “Nel 2000 – conferma il prof. Di Carlo – al San Gallicano erano stati diagnosticati 16 casi. Un anno dopo eravamo già a 40, con un incremento nella sola nostra struttura del 150%. Il trend in aumento, sovrapponibile alle altre grandi città, si è poi confermato nel 2002 con ben 70 diagnosi (+75% rispetto al 2001 e +337,5% rispetto al 2000)”.
Secondo gli esperti il vero campanello d’allarme emerge però dalla lettura di questi dati. A presentarsi alle strutture sono da un lato ragazzi o ragazzini alle prime esperienze sessuali, che non hanno vissuto le campagne di prevenzione AIDS della fine degli anni e non conoscono i rischi dei rapporti non protetti con persone sconosciute. Dall’altro, esponenti della comunità omosessuale, la prima e la più attenta a suo tempo a fare counseling. Un segnale quest’ultimo di ulteriore allarme, che conferma l’ipotesi di come il miglioramento della qualità di vita dovuto alla terapia antiretrovirale abbia avuto come conseguenza negativa un cambiamento dei comportamenti sessuali, anche nelle persone in teoria più informate e attente. “L’aumento dei casi di sifilide infettiva – prosegue Di Carlo – è stato osservato in larga maggioranza in maschi omosessuali: dai 9 del 2000 si è passati a 29 l’anno successivo e a 51 nel 2002. Entrando ancora più nel dettaglio, nel 2001 il 91% degli omosessuali con la confezione HIV-sifilide sapeva di essere sieropositivo e il 75% di questi era già in terapia antiretrovirale prima della diagnosi di MST”.
Ignoranza e un bel po’ di lassismo sono dunque alla base di questa recrudescenza. A cui non giova certo, in prospettiva, un nuovo fenomeno che si sta registrando in una delle sacche più a rischio, il mondo della prostituzione. “Dalle strade – testimonia Pia Covre, del Comitato per i diritti delle prostitute – sono scomparse almeno la metà delle 25.000 donne che stimavamo facessero il mestiere. Per lo più si tratta di immigrate clandestine costrette dai protettori ad esercitare in casa o nei locali per evitare guai con la giustizia. Ragazze che non sono quindi più raggiungibili dai nostri progetti di prevenzione. Per paura di essere espulse molte disertano addirittura i servizi sanitari, malgrado anche la cosiddetta legge Bossi-Fini abbia mantenuto la norma che consente loro di essere curate”.
Concorda con questo senso di precarietà il dott. Antonio Gerbase, epidemiologo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha messo in evidenza come proprio il sesso non protetto è ovunque la principale causa di HIV, compresi i Paesi in via di sviluppo, dove solo il 2,5% dei casi è infatti dovuto a siringhe infette. Una forma di contagio che non va comunque trascurata. Secondo le stime dell’OMS ogni anno nel mondo si praticano circa 16 miliardi di iniezioni. Di queste, circa il 30%, 480 milioni, sono fonte di rischio non solo di HIV ma anche di epatiti, a causa del riutilizzo delle siringhe.
Altro grande tema trattato al congresso è il papilloma virus (HPV), una MST che ogni anno uccide in Italia mezzo milione di donne di cancro della cervice uterina, ma che presto potrebbe diventare la seconda malattia a trasmissione sessuale, dopo l’epatite B, ad essere curata con un vaccino. I risultati preliminari del candidato vaccino, attualmente in fase di sperimentazione, hanno dimostrato la sua capacità di proteggere il 100% delle donne vaccinate contro le forme pre-invasive del cancro della cervice e contro l’infezione persistente da papilloma virus. Inoltre ha protetto il 91% delle donne contro l’infezione transitoria di HPV. “Proprio questo mese – annuncia Carosi – si conclude l’arruolamento di un grande trial internazionale su un vaccino che ne rappresenta l’evoluzione: una forma quadrivalente che potrebbe garantire una protezione del cancro al collo dell’utero di oltre il 70%, ma soprattutto dovrebbe prevenire oltre il 90% degli episodi di condilomi, la più frequente malattia genitale in Italia”.