Lo studio del Regina Elena domani su ‘Cancer Research’, la più autorevole rivista del settore
Roma, 14 maggio 2003 – Nuovo importante passo avanti nella lotta al cancro dell’ovaio, un killer silenzioso che colpisce 5.000 donne ogni anno nel nostro Paese (165.000 in Europa e Stati Uniti). Il gruppo di studio, coordinato da Anna Bagnato del laboratorio di Patologia Molecolare diretto dal prof. Pier Giorgio Natali dell’Istituto Regina Elena, ha identificato un nuovo meccanismo di formazione dei vasi che alimentano il tumore. Su questa base è stata testata per la prima volta una molecola, l’atrasentan, che nella fase iniziale di sperimentazione ha dimostrato di inibire la crescita della neoplasia, la formazione dei vasi che la alimentano, la diffusione ad altri organi (metastasi) e di potenziare l’effetto terapeutico dei farmaci attualmente impiegati contro il tumore dell’ovaio. Lo studio viene pubblicato domani dalla rivista ‘Cancer Research’.L’atrasentan appartiene a una nuova classe di molecole da poco utilizzate in terapia anticancro, ma non era mai stata sperimentata prima nel carcinoma dell’ovaio. Si somministra per bocca e ha bassissima tossicità perché agisce selettivamente sul suo target, il recettore A dell’endotelina, un bersaglio terapeutico definito ‘ideale’ dai ricercatori perché coinvolto nella crescita e nella progressione di numerose neoplasie oltre al tumore dell’ovaio: carcinoma del collo dell’utero, della prostata, sarcoma di Kaposi e altri tumori. Gli studiosi ora sperano che l’applicazione clinica di questa nuova arma terapeutica confermi i risultati della sperimentazione. “Infatti – spiega il prof. Francesco Cognetti direttore scientifico del Regina Elena – è stato proposto il rapido avvio presso l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di uno studio clinico su pazienti con carcinoma ovario avanzato in cui la nuova molecola verrà somministrata insieme alla chemioterapia standard per valutare la migliore modalità di associazione dei trattamenti, sia al fine di ridurre gli effetti collaterali che di aumentarne l’efficacia”.
Il tumore dell’ovaio è il più letale delle neoplasie ginecologiche e uno dei più pericolosi in assoluto, perché non da sintomi se non in stadio avanzato. E purtroppo non sono ancora disponibili metodi efficaci di diagnosi precoce. Con l’asportazione chirurgica e i trattamenti chemioterapici attualmente disponibili, solo il 30% delle donne colpite da questo tumore sopravvive oltre i cinque anni dalla diagnosi. Per migliorare una prognosi tanto grave è pertanto indispensabile sviluppare nuove e più efficaci terapie.
I risultati dello studio, come recentemente evidenziato dallo stesso gruppo di studio sull’altra prestigiosa rivista ‘Nature Review Cancer’, si collocano nell’emergente area di ricerca rivolta allo sviluppo di terapie anticancro più mirate.
Lo studio è stato realizzato grazie al contributo dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) e della Fondazione Italiana per la Ricerca sul Cancro che ha assegnato borse di studio ad alcuni tra i principali collaboratori del gruppo di ricerca del Regina Elena, tra le quali Laura Rosanò e Francesca Spinella.
“Questo modello di immediato trasferimento dei risultati del laboratorio (ricerca transanazionale) al letto del paziente – conclude il prof. Cognetti – costituisce la missione principale degli Istituti di eccellenza in campo oncologico quale il Regina Elena”.