I dati di uno studio in corso da 16 anni sono stati presentati al Congresso dell‘American Academy of Neurology (AAN) di Miami
Miami, 19 aprile 2005 – Buone notizie per chi soffre di sclerosi multipla, malattia neurologica che colpisce in Italia circa 52mila persone, con 2.000 nuovi casi l’anno. I risultati preliminari del più lungo studio clinico mai condotto al mondo (16 anni) evidenziano che il trattamento a lungo termine con Betaferon aumenta sia la sopravvivenza che le possibilità di rallentare la progressione della malattia. In particolare questa cura migliora nei pazienti la possibilità di compiere movimenti e camminare. Si tratta di un risultato di estrema importanza perché la sclerosi multipla colpisce specialmente i giovani tra 20 e 30 anni, le donne in percentuale doppia rispetto agli uomini.I risultati di uno studio in corso da 16 anni – condotto in 11 centri del Nord America con una valutazione clinica di 234 pazienti arruolati nello studio pilota di Betaferon tra il 1988 ed il 1990 – hanno evidenziato che il 50% dei pazienti con sclerosi multipla trattati con Betaferon (250 mcg) ha mantenuto la capacità di deambulazione con o senza appoggio, contro il 41% di quelli cui è stato somministrato placebo.
Significativi miglioramenti sono stati ottenuti anche per quanto riguarda la sopravvivenza: il 94% dei pazienti originariamente assegnati al gruppo in trattamento con Betaferon sono ancora vivi, rispetto all‘82% dei pazienti del placebo.
“Betaferon – ha detto il dr. Joachim-Friedrich Kapp, responsabile del settore Terapeutici Specialistici del gruppo Schering (Berlino), che ha messo a punto il prodotto – è il solo trattamento per la sclerosi multipla studiato per più di 16 anni. E poiché la sclerosi multipla è una malattia cronica che richiede un trattamento per tutta la vita del paziente, i dati sull‘esperienza a lungo termine rappresentano il solo modo con cui medici e i pazienti possono realmente valutare efficacia e sicurezza. Siamo anche convinti – ha ribadito il dr. Kapp – che la sclerosi multipla sia una patologia poliedrica e richieda pertanto una ricerca continua per valutare e sostenere l‘importanza di iniziare il trattamento il più precocemente possibile”. Lo studio si concluderà alla fine di quest’anno.