Oggi e domani a Roma prima Conferenza Nazionale sull’epidemia di coronavirus
Roma, 20 novembre 2003 – Partirà a gennaio il primo trial clinico di un vaccino contro la SARS. A darne notizia è l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Se lo studio darà i frutti sperati, l’OMS conta di avere a disposizione un vaccino efficace nell’arco di un paio d’anni. Un lavoro a tempo di record, se si pensa che questa sindrome è scoppiata solamente lo scorso inverno ed ha costretto i sistemi sanitari di tutti i Paesi a far fronte all’emergenza praticamente fino a luglio. Per dare il via alla sperimentazione sull’uomo i ricercatori hanno infatti dovuto riesaminare le informazioni epidemiologiche sul coronavirus e il modo attraverso il quale determina l’insorgere della malattia nell’uomo, la sua variabilità genetica, utile per selezionare i ceppi da includere nei futuri vaccini, valutare, infine, i risultati degli studi condotti sugli animali e come utilizzarli nei volontari umani. Nel frattempo, se la SARS dovesse colpire di nuovo, gli strumenti a disposizione saranno quelli che si sono già dimostrati efficaci: sorveglianza, diagnosi precoce, controllo dell’infezione ospedaliera, traccia dei contatti e servizi di informazione internazionali. Per non farsi trovare impreparati, l’Azienda Ospedaliera “Sacco” e l’Istituto Nazionale Malattie Infettive “Spallanzani”, i due centri di riferimento nazionale per la SARS, con il contributo del ministero della Salute e la Protezione civile, hanno organizzato la prima Conferenza nazionale, in programma oggi e domani al Midas di Roma. “L’Organizzazione Mondiale della Sanità conferma che il rischio di un focolaio di epidemia in Italia potrebbe aumentare con la stagione invernale. Siamo preparati ad affrontare l’emergenza – afferma Guido Bertolaso, responsabile della Protezione Civile e Commissario straordinario del Governo per la Sars – e a questo proposito ci siamo dotati, tra i primi Paesi al mondo, di un modulo speciale ad alto isolamento per il trasporto di eventuali infetti da virus e batteri responsabili di malattie trasmissibili che potrebbero anche essere collegate con il terrorismo biologico.”E’ stata la prima epidemia del nuovo Millennio ed ha tenuto in allarme il mondo intero per 5 mesi, con gravi ripercussioni anche sulle economie di interi Paesi. Per fortuna il numero dei casi (8.422 al 7 agosto scorso) e delle morti (916) è stato inferiore a quanto si potesse temere: la SARS rimane però un evento emblematico di quanto può accadere nei rapporti tra gli uomini e il mondo microbico ed è un monito sull’attuale rapidità di diffusione delle infezioni. Oggi, nell’arco di 24-48 ore, un focolaio epidemico può emigrare da una parte all’altra del mondo. Proprio per questo è necessario che i sistemi sanitari siano in grado di rispondere in tempo reale alle emergenze.
“Le esatte modalità di trasmissione della SARS – spiega il prof. Giuseppe Ippolito, direttore sanitario dello Spallanzani – non sono ancora del tutto note. La maggioranza dei casi ha avuto contatti diretti con persone già malate. Il virus è sensibile allo stress provocato dall’essiccamento e solo i droplet più grandi, quelli cioè appena emessi con la tosse o gli starnuti, sono in grado di trasmettere l’infezione. Ciò spiegherebbe come mai la maggior parte dei casi abbia contratto la SARS in situazioni di stretto contatto con i malati. Ai fini del contenimento della diffusione dell’infezione – prosegue il prof. Ippolito – c’è un consenso unanime nel considerare come contagiosi solo i pazienti con sintomi respiratori o febbre. Il periodo di incubazione è breve, da 1 a 14 giorni, con una mediana di 5 giorni ed una media di 6,4 giorni. L’intervallo di tempo fra comparsa dei sintomi clinici e ricovero ospedaliero è di 3-5 giorni. Il periodo di contagiosità, va dalla comparsa dei sintomi (o, al limite, da poche ore prima) attraverso l’escrezione di virus nella saliva, sino alla tarda convalescenza, per la via fecale-orale. Non si sa invece ancora molto riguardo alle possibili recidive e ai possibili portatori sani”.
L’efficacia delle misure di prevenzione sembra essere elevata nelle prime fasi dell’epidemia, quando è possibile circoscrivere il potenziale contagio rintracciando tutte le persone esposte. Le osservazioni riportate coincidono con alcuni modelli matematici recentemente sviluppati che ipotizzano l’esistenza di due livelli di infettività, uno ‘elevato’ entro un gruppo ristretto di persone vicine e un altro verso altre persone della comunità. “In quest’ottica – aggiunge Ippolito – diventa difficile caratterizzare con un numero unico (esempio, numero ‘medio’) la probabilità di generazione di casi secondari. Il destino finale di un’eventuale epidemia dipende in modo critico dal prodotto dei casi secondari vicini, per la tendenza ad infettare persone non vicine”.
“Sulla SARS – afferma il prof. Mauro Moroni, primario infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano – rimangono dunque importanti nodi da sciogliere, per esempio i probabili serbatoi animali e i possibili portatori asintomatici del virus. In ragione di ciò – continua Moroni – anche in vista dell’arrivo della stagione invernale, ritengo sia necessario mantenere alta l’attenzione. Quello che è accaduto in Cina a causa di un coronavirus può sicuramente ripresentarsi ancora, con l’aggravante, rispetto alle grandi epidemie del passato, dalla facilità dei traffici e dei flussi migratori”.
“La SARS ha rappresentato per le strutture sanitarie mondiali l’occasione di verificare e mettere alla prova i propri servizi di sorveglianza – conclude il prof. Pietro Crovari, Coordinatore del Gruppo permanente per la valutazione del rischio e il controllo della SARS -. Quello che è stato fatto, le esperienze maturate, sono dunque un utile background qualora si verificassero altre emergenze. Il ministero della Salute, in concerto con le Regioni ha già messo a punto un piano quadro per la rapida identificazione delle persone malate e la tempestiva attivazione delle misure di controllo”. (Carlo Buffoli)