25.000 vite in più potrebbero essere salvate e il 90% delle donne con questa neoplasia potrebbe essere curato grazie a diagnosi e trattamenti tempestivi
Roma, 24 Gennaio 2004 – Politici e medici si sono riuniti in occasione di un simposio, realizzato dall’Istituto Nazionale dei Tumori Regina Elena di Roma, in cui si sono affrontate le modalità per raggiungere in Europa l’obiettivo di un migliore accesso allo screening e al trattamento del tumore del seno. Gli oncologi partecipanti, provenienti da tutti i paesi europei, hanno dibattuto su come, nonostante i recenti miglioramenti nella cura di questo tumore, ancora molto c’è da fare per assicurare risultati ottimali alle pazienti. I miglioramenti registrati negli ultimi dieci anni nello screening e nel trattamento sono stati influenzati principalmente dalla maggiore forza acquisita dalle associazioni pazienti, dalla centralità di questo tema nel dibattito politico, dai miglioramenti nella pratica clinica e attraverso la ricerca e lo sviluppo di nuovi farmaci. Ciò nonostante ogni anno nell’Unione Europea sono oltre 250.000 le donne cui viene diagnosticato un tumore al seno di cui 94.000 non sopravvivono. Con una migliore attività di screening si ipotizza che ulteriori 25.000 pazienti potrebbero essere salvate.“Questo simposio è incredibilmente importante perché riunisce persone impegnate nei diversi aspetti decisionali per quanto riguarda il tumore del seno, dalla diagnosi precoce al trattamento, tutto a beneficio della paziente – spiega il prof. Francesco Cognetti, direttore scientifico del Regina Elena di Roma e chairman del Simposio – Non dobbiamo compiacerci dei buoni risultati ottenuti, ma guardare avanti, impegnandoci a raggiungere nuovi traguardi. Questo può avvenire ascoltando le esigenze delle pazienti e delle loro associazioni, migliorando le diagnosi precoci tramite uno screening più accurato sulla base delle linee guida europee, così come aumentando l’accesso ai migliori trattamenti disponibili nella pratica clinica e, un giorno ci auspichiamo l’accesso alla cura del tumore del seno con la scoperta di nuovi trattamenti attraverso i programmi di ricerca”.
La diagnosi precoce potrebbe far aumentare di 25.000 il numero di vite salvate in Europa
Karin Jöns, parlamentare del Gruppo European Socialists, spiega che il Parlamento Europeo considera la lotta al tumore del seno una priorità ed esorta i medici in tutti i Paesi a promuovere l’adesione delle donne ai programmi di screening della malattia. Karin Jons è stata promotrice e sostenitrice in prima persona di un programma europeo per il tumore del seno che è stato approvato a giugno 2003 e che punta a ridurre del 25% la mortalità per questo tumore entro il 2008, abbattendo del 5% la disparità nei tassi di sopravvivenza tra i diversi Stati, attualmente al 16%. “Tengo molto a questa risoluzione dal momento che il 90% delle donne colpite potrebbe essere curato se la diagnosi fosse tempestiva e il tumore trattato in fase iniziale – commenta Jons – Il Parlamento Europeo è convinto che l’Europa potrà raggiungere progressi concreti nel trattamento del tumore al seno se gli Stati membri si impegneranno in uno scambio di esperienze più rapido e migliore e se la best practice e il benchmarking viene applicato a livello Europeo. Uno screening di qualità è comunque inutile se i trattamenti successivi sono inadeguati o addirittura errati – conclude Jons – Per questo motivo il Parlamento punta alla creazione di centri multidisciplinari per il tumore al seno, in tutta Europa, dove i team medici possano lavorare su base multidisciplinare e specializzarsi esclusivamente nel trattamento di malattie benigne e maligne della mammella. Negli Stati Membri in cui questi centri già esistono, diversi studi hanno evidenziato che le loro pazienti hanno maggiori probabilità di essere curate”.
Taxolo ha un forte impatto nel trattamento del tumore; ad oggi sono un milione i pazienti trattati
Il prof. Luca Gianni, Direttore della divisione di Oncologia Medica all’Istituto Nazionale Tumori di Milano, ha fornito il punto sui miglioramenti raggiunti nei trattamenti, sottolineando la necessità di puntare sulla ricerca per trovare nuovi agenti e sull’ottimizzazione dell’utilizzo dei trattamenti già esistenti. Ribadendo i concetti espressi da Karin Jöns, ha raccomandato di garantire le migliori terapie una volta diagnosticato il tumore al seno.
Il prof. Gianni ha spiegato come negli ultimi 10 anni l’avvento dei taxani abbia rappresentato una pietra miliare nello sviluppo della chemioterapia ed ha citato il taoxolo come esempio eccellente di progresso nel trattamento del tumore.
Il taxolo ha raggiunto il suo decimo anniversario lo scorso settembre e, dal 1993, si stima che un milione di paziente abbia ricevuto questo trattamento da quando nel 1993 ottenne la sua prima approvazione per la cura del tumore dell’ovaio in stadio avanzato.
Successivamente il taxolo è stato approvato anche per il trattamento del tumore del seno in stadio avanzato e del tumore non microcitoma del polmone.
“La scoperta e lo sviluppo clinico di taxolo ha avuto un notevole impatto sulle vite delle pazienti ed è uno dei chemioterapici di nuova generazione che ha dimostrato elevate percentuali di risposta negli studi clinici nella malattia in stadio avanzato. – spiega Luca Gianni – Oltre questo incoraggiante risultato, nell’ottica di ottenere ulteriori progressi nei prossimi 10 anni, considerevoli promesse di beneficio vengono da altre modalità di somministrazione di taxolo e dall’utilizzo del farmaco nelle fasi iniziali della malattia“.
Analizzando come si potrebbero realizzare questi obiettivi il prof. Gianni ha concluso: “Sappiamo già da alcuni studi clinici che con semplici variazioni degli schemi e tempi di somministrazione di taxolo, per esempio somministrando il farmaco ogni settimana piuttosto che ogni tre, secondo l’usuale modalità di prescrizione, si potrebbero potenzialmente ottenere maggiori benefici per i nostri pazienti e migliorare al tempo stesso la tollerabilità. Inoltre, l’impiego di taxolo nei casi di tumore del seno in fase iniziale sta già ottenendo importanti risultati. Negli studi clinici cui ho partecipato, come lo studio ECTO, abbiamo riscontrato che il 52% delle pazienti con tumore più grande di 2 cm ha riportato una risposta clinica completa, e un ulteriore 29% ha registrato una risposta parziale. L’elevata attività antitumorale ha comportato per le pazienti una probabilità doppia di evitare una mastectomia se sottoposte a trattamento prima dell’intervento chirurgico, rispetto a quelle trattate solo successivamente. Inoltre l’uso della chemioterapia prima dell’intervento consente di investigare le determinanti biologiche della risposta al tumore, aprendo la strada alla possibilità di confezionare trattamenti ‘su misura’ per i bisogni individuali. Questi risultati non possono essere ignorati e continuiamo a esplorare i modi per ottimizzare le modalità di somministrazione con l’obiettivo di ampliare i risultati ottenuti in questi ultimi 10 anni.”