mercoledì, 11 settembre 2024
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14 Ottobre 2005

OSSA FRAGILI: 4 DONNE SU 10 DESTINATE A FRATTURA. NUOVA CURA A ‘DOPPIA AZIONE’ DIMEZZA IL RISCHIO

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Il 20% degli schiacciamenti vertebrali confusi col ‘colpo di frusta’; disponibile in Italia il primo trattamento in grado sia di ricostruire l’osso che di bloccarne l’erosione

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Milano, 14 ottobre 2005 – Le donne sono le più minacciate: dopo i 50 anni hanno il 30-40% di probabilità di rompersi vertebre, femore o anca, anche solo scendendo dal letto o sollevando un peso. La malattia delle ‘ossa fragili’ colpisce l’8% della popolazione (4,5 milioni di italiani) causando ogni anno circa 200.000 fratture, di cui molte non rilevate. E’ più frequente del tumore del seno (rischio del 10% dopo i 50), pari alle malattie cardiovascolari (40%), provoca invalidità e mortalità: dopo una frattura la metà dei pazienti non è più autosufficiente e con la rottura del femore (tipica dell’età più avanzata) il rischio di morte è 15-30%, con quella dell’anca del 3% (pari a quella del cancro al seno). Un problema medico-sociale che non risparmia nemmeno gli uomini (20% di probabilità). Le spese dirette per le sole fratture di femore costano al Sistema sanitario italiano 5 miliardi di euro l’anno. “Nonostante la vastità della dimensione epidemiologica e gli enormi costi, sussiste ancora la percezione che l’invecchiamento dello scheletro sia inevitabile e con esso le fratture. Ciò è falso e va smentito come primo e più importante atto per combattere l’osteoporosi” sostiene il prof. Sergio Ortolani, direttore del Centro Malattie del Metabolismo Osseo dell’Auxologico di Milano e presidente della Lega Italiana Osteoporosi (LIOS). Per contenere il danno quando la prevenzione non è sufficiente si deve ricorrere ai farmaci, e la buona notizia è che oggi esiste un’arma in più, una nuova molecola ad ‘azione doppia’: il ranelato di stronzio. “I farmaci finora disponibili – spiega il prof. Ranuccio Nuti, direttore del Dipartimento di Malattie Metaboliche dell’Università di Siena e presidente della Società Italiana dell’Osteoporosi, Metabolismo Minerale e Malattie dello Scheletro (SIOMMMS) – bloccano la distruzione del tessuto osseo o ne stimolano la formazione: il ranelato di stronzio ha entrambe le capacità d’azione cioè ricostruisce l’osso e ne blocca l’erosione diminuendo il numero delle nuove fratture vertebrali, ‘goal’ principale dei trattamenti”. Studi pubblicati su prestigiose riviste scientifiche indicano infatti che la molecola riduce del 49% il rischio di frattura alle vertebre – le più frequenti dopo la menopausa ma anche le più sotto-diagnosticate – e del 36% quello al femore. E’ inoltre la prima cura efficace anche dopo gli 80 anni.

“Per arginare l’osteoporosi è necessario prevenirla – afferma Ortolani – cioè fare attività fisica attraverso la quale i muscoli stimolano l’osso ‘massaggiandolo’ e assicurarsi fin da giovani un sufficiente apporto di calcio nella dieta”. Proprio lo sport e l’esercizio fisico in chiave preventiva sono il tema della giornata mondiale che si celebra il 20 ottobre il cui slogan è ‘Move it or Lose it’. “E’ poi fondamentale – continua Ortolani – che i medici di famiglia, sulla base dei fattori di rischio (familiarità, menopausa precoce, peso inferiore ai 54 kg, fumo, diabete, uso di cortisone) consiglino una Mineralometria ossea computerizzata (Moc)”. Se i parametri sono bassi allora è necessario poter accedere alle cure farmacologiche. Gli attuali regimi terapeutici sono rimborsati dal sistema sanitario solo dopo la frattura e anche per il ranelato di stronzio, studiato da oltre 10 anni su più di 7.000 donne, è previsto lo stesso regime di rimborso. “Ciò non significa – puntualizza Ortolani – che non si possa usare anche prima. Anzi, negli studi appena conclusi la molecola ha dimostrato di essere efficace anche nelle donne con bassa densità ossea, senza episodi di fratture pregresse”. Negli studi SOTI e TROPOS pubblicati nel 2004 sul New England Journal of Medicine e nel 2005 sul Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism, già dopo 3 anni sui 5 di durata prevista, il ranelato di stronzio ha dimostrato di ridurre dopo solo un anno di terapia del 49% il rischio di fratture vertebrali e al terzo anno del 36% il rischio di fratture del femore. La nuova cura è efficace in tutti i tipi di pazienti, in ogni fase della malattia e a qualunque età, perché ricostruisce l’osso anche quando è già danneggiato. Si tratta di risultati di grande importanza perché le fratture delle vertebre sono le più comuni dopo la menopausa, anche se i dati mettono prima quelle del femore. “Il motivo – spiega il prof. Nuti – è che spesso, secondo uno studio del nostro Dipartimento addirittura nel 20% dei casi, le fratture di vertebre non vengono correttamente identificate perché il paziente va dal medico di fiducia per una rachialgia cioè un dolore alla schiena e può accadere che non venga prescritto un approfondimento radiologico, propendendo per una spiegazione più semplice come ad esempio un classico ‘colpo della strega’ o della ‘frusta’. Quindi si può convivere con una frattura della vertebra senza accorgersene, ma bisogna tenere ben presente che una lesione di questo genere aumenta in modo esponenziale il rischio di ulteriori fratture vertebrali”.
In quest’ottica, anche la diagnosi precoce, insieme alla prevenzione, diventa un elemento fondamentale per ridurre i costi umani ed economici della malattia che l’Oms ha definito, assieme alle patologie degenerative del cervello, una delle maggiori sfide sanitarie del 3° millennio.
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