Il prof. Agabiti Rosei, presidente della Società dell’Ipertensione: “Intervenire precocemente per evitare danni permanenti a cuore, rene e cervello”. 15 milioni gli ipertesi in Italia
Roma, 5 ottobre 2007 – Il 2-3% degli under 18 soffre di pressione alta: tenerla sotto controllo deve diventare un gesto di routine per prendersi cura della propria salute, a partire dall’infanzia. Questo il consiglio degli esperti della Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa (SIIA), riuniti a Roma fino al 7 ottobre per il XXIV Congresso Nazionale. L’ipertensione arteriosa è infatti considerata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità la principale causa di mortalità, in particolare per malattie cardiovascolari, che provocano nel nostro Paese circa 240 mila morti ogni anno. Dati recenti di Eurobarometro, il sondaggio condotto fra settembre e ottobre 2006 in 27 Stati europei, indicano che l’ipertensione è al primo posto fra le patologie croniche. Cuore, rene, cervello e arterie sono i principali “bersagli” della pressione alta, che compromette gradualmente la loro struttura e funzione. “Il danno a questi organi si stabilisce progressivamente, senza dare alcun sintomo per molto tempo – spiega il prof. Enrico Agabiti Rosei, presidente della Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa (SIIA). L’ipertensione rappresenta da un lato un fattore di rischio, ma è anche una spia che qualcosa non funziona nell’organismo. Misurarla precocemente, fin da bambini, e poi regolarmente nel tempo, permette di intervenire precocemente ed impedire che vengano compromessi in maniera irreversibile alcuni organi fondamentali”. Quindici milioni di italiani sono ipertesi ma circa il 50% non lo sa e solo uno si cinque si cura in maniera adeguata. La situazione è ancora più critica per i pazienti che presentano più di un fattore di rischio (obesità, fumo, diabete), o in cui si è già verificato un danno d’organo: sono controllati correttamente in circa il 10% dei casi.
È difficile stimare quanti siano i pazienti ad alto rischio in Italia perché solo pochi studi epidemiologici condotti finora hanno preso in considerazione il danno d’organo nelle fasi iniziali. Ma una ricerca su un gruppo di pazienti considerati a basso rischio con le misure tradizionali ha rilevato come, con l’introduzione di un ecocardiogramma o di un esame per lo studio delle carotidi, ben la metà fosse da ritenere in una fascia ad alto rischio. “Questo dimostra che questi pazienti sono molti di più di quanto si pensi attualmente – afferma il prof. Bruno Trimarco, Vice Presidente della Società. Nei malati ad alto rischio il massimo beneficio si ottiene riducendo di molto la pressione arteriosa, al di sotto di 130-80”. “Ma una volta che il danno d’organo si è stabilito, questo può limitare l’efficacia dei farmaci antipertensivi e diventa più difficile abbassare la pressione, soprattutto la massima. Ecco perché insistiamo sulla diagnosi precoce e su un monitoraggio attento e costante dei valori pressori fin dall’età giovanile” – aggiunge il prof. Guido Grassi, Segretario della SIIA. I parametri per valutare se la pressione è sotto controllo, variano a seconda dell’età: in un bambino di 6 anni i valori normali sono fino a 115, a 10 fino a poco più di 120, fino ad arrivare a quelli simili all’adulto intorno all’adolescenza (16-17 anni). La SIIA ha svolto in questi anni un’intensa politica di sensibilizzazione dei cittadini, con un occhio di riguardo per i più giovani. Fra le iniziative promosse recentemente dalla Società ci sono programmi di educazione nelle scuole e la misurazione gratuita della pressione nelle piazze. “ A differenza di quanto si pensa, una percentuale non trascurabile di persone presenta pressione elevata anche in età giovanile – spiega il prof. Agabiti Rosei.. Per questo il nostro interesse, come Società scientifica, deve essere puntato soprattutto ai giovani per cogliere la patologia “sul nascere”, quando è più efficace un intervento che deve sempre iniziare con modifiche dello stile di vita e poi eventualmente con farmaci. Iniziare precocemente un controllo regolare della pressione e adottare interventi correttivi, permette di ridurre il rischio che si arrivi ad un’ipertensione conclamata e al danno d’organo”. Il primo modo per combattere l’ipertensione è intervenire sullo stile di vita, combattendo i tre grandi nemici di cuore e arterie: dieta scorretta, sedentarietà, fumo. Le linee guida indicano poi alcuni esami da eseguire per individuare precocemente il danno d’organo: fra questi l’elettrocardiogramma e l’ecocardiogramma, la misura ultrasonografica dello ispessimento della parete arteriosa, della rigidità e della placca, la creatininemia e il filtrato glomerulare e la ricerca delle proteine nelle urine. Indicatori abbastanza semplici da misurare, in parte rilevabili dallo stesso medico di famiglia, alcuni dei quali (come l’elettrocardiogramma, il filtrato glomerulare, la microalbuminuria) dovrebbero essere eseguiti e valutati di routine in tutti gli ipertesi.