Seconda giornata a Bergamo dell’VIII Conferenza nazionale AIOM
Bergamo, 25 marzo 2004 – Mamme comunque. Mettere a riposo le ovaie per poter avere un figlio dopo la chemioterapia e la guarigione dal cancro. La speranza arriva dai risultati di uno studio clinico di fase II portato a termine all’Istituto Nazionale dei Tumori di Genova. A parlarne, nell’ambito dell’VIII Conferenza Nazionale AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) dedicata ai tumori nei giovani, in corso a Bergamo fino a domani, è stato il dott. Marco Venturini, oncologo dell’INT e tesoriere dell’Associazione.“La nuova tecnica – spiega l’esperto – consiste nel bloccare farmacologicamente la funzione ovarica delle pazienti per il periodo in cui viene somministrata la chemioterapia, in modo da evitarne gli effetti collaterali, primo fra tutti la menopausa precoce, condizione che interessa una ragazza su 3 al di sotto dei 35 anni. Lo studio ha dimostrato che oggi è possibile preservare le ovaie e riportarle poi al loro ciclo vitale facendo assumere alle pazienti dei farmaci antitumorali, chiamati analoghi LHRH, contemporaneamente alla chemio. Terminata la terapia e sospesi gli LHRH, al 75% delle donne sono tornate le mestruazioni”.
Per ora la ricerca ha coinvolto solo 30 pazienti con carcinoma della mammella, ma questa procedura potrà essere applicata per tutti i tumori. In ogni caso entro breve partirà uno studio nazionale, denominato PROMISE, che verificherà su larga scala questi importanti risultati.
“Se ci limitiamo ai soli dati di carcinoma mammario – prosegue Venturini – oggi in Italia si registrano circa 1000 nuovi casi di tumore del seno in donne che hanno meno di 35 anni. In termini assoluti si tratta di un dato irrilevante, circa il 3% di tutti i casi di cancro alla mammella, ma è un numero enorme se si tiene conto di altri parametri. Nel nostro Paese l’età della prima gravidanza si è già alzata da 25 a 28 anni; una donna su 6 ha il primo figlio dopo i 35 anni e le proiezioni per il 2025 parlano di una primipara su 4 over 35”.
Senza contare che la riuscita di questi esperimenti consentirebbe di aggirare la nuova legge sulla procreazione assistita: l’impossibilità di congelare gli embrioni nega di fatto alle donne sottoposte a chemioterapia e guarite dal cancro di progettare una maternità.
Per quanto riguarda i maschi, dal congresso arriva l’invito a tutti i giovani ammalati di tumore, in particolar modo del testicolo, di crioconservare lo sperma prima dei trattamenti. “Fino ad ora – spiega Giovanni Rosti, Responsabile dell’Unità operativa chemioterapica ad alte dosi dell’AUSL di Ravenna e co-presidente della Conferenza – si è pensato soltanto a salvare la vita del malato. Oggi, grazie ai progressi della ricerca oncologica, l’80% di questi ragazzi guarisce e può tornare ad una vita normale. Per questo è fondamentale che anche i ragazzini di 14-15 anni donino lo sperma per garantirsi un futuro da genitore”.