Fabbri: “Va considerata la globalità del paziente, in particolare anziano, che spesso è costretto a convivere con 2 o più patologie contemporaneamente”
Roma, 10 febbraio 2007 – Malattie cardiache, broncopneumopatie, cancro, aterosclerosi, diabete. Ogni anno 35 milioni di persone nel mondo muoiono a causa di una o più di queste patologie croniche, oltre la metà degli ultrasessantacinquenni è affetta contemporaneamente da almeno tre di queste malattie croniche. È questa, secondo gli oltre 100 superspecialisti riuniti oggi e domani a Roma, presso la Residenza di Ripetta, la vera sfida per la salute nei prossimi anni. “Attualmente i medici si focalizzano nella cura di una singola malattia, come la BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva), lo scompenso cardiaco o il diabete, trascurando l’impatto delle altre malattie, da cui il paziente è affetto, sulla salute della persona in particolare anziana” spiega il prof. Leonardo Fabbri, organizzatore del seminario, Professore Ordinario e Direttore della Clinica di Malattie dell’Apparato Respiratorio dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e Presidente Eletto della European Respiratory Society (ERS). “Gli studi clinici dai quali si ricavano le linee guida – dichiara Fabbri – propongono lo schema per una buona pratica clinica. Ma a causa dei criteri di esclusione applicati, i pazienti selezionati sono spesso “non rappresentativi” della realtà. Accade così che le linee guida per un trattamento sono potenzialmente fuorvianti e possono essere addirittura dannose al paziente”.“È arrivato il momento di ‘aggiustare il tiro’ e individuare armi adatte a contrastare le malattie croniche considerando la globalità del paziente e rivolgendo lo sguardo aldilà della singola malattia” – continua il professor Fabbri – “L’atteggiamento dei medici oggi deve cambiare. Va considerato in primo luogo che la contemporanea presenza di varie malattie croniche influenza non solamente il decorso della malattia a cui è rivolto il trattamento, ma l’efficacia delle terapie che potrebbero essere alterate dalle contemporanea presenza di altre condizioni patologiche croniche”, sottolinea Fabbri. Concorda sulla visione dell’illustre pneumologo anche il professor Filippo Crea, Professore Ordinario e Direttore di Cardiologia all’Università Cattolica di Roma, che nel corso del seminario ribadisce come molti studi clinici in diversi campi della medicina abbiano indicato che le malattie croniche, prevalenti nei paesi sviluppati, hanno meccanismi infiammatori comuni. “Tutte queste malattie sono caratterizzate da un basso grado di infiammazione cronica e da episodi di infiammazione acuta ricorrente legati ad aumentato rischio di un evento clinico più importante”, spiega il clinico italiano. I ‘legami pericolosi’ riguardano spesso malattie cardiache e patologie polmonari. “Nella BPCO – spiega il professor Klaus Rabe, Professore Ordinario di Malattie dell’Apparato Respiratorio e Direttore del Dipartimento di Medicina all’Università di Leiden (Olanda), editore capo della rivista European Respiratory Journal (ERJ) e co-organizzatore del seminario – gli studi clinici indicano che questa malattia colpisce il 20% dei pazienti con scompenso cardiaco, studi di popolazione mostrano invece che la percentuale è notevolmente più alta. E la stessa considerazione è valida anche se vista nell’ottica inversa: i pazienti cardiaci sono colpiti da BPCO più frequentemente di quanto dichiarato dagli studi clinici”. L’autorevolissimo Professor Peter J Barnes, Direttore di Medicina Toracica all’Imperial College di Londra, incalza sull’importanza della ricerca. “La BPCO è caratterizzata da un tipico schema d’infiammazione che si osserva in molte altre malattie croniche, come l’artrite reumatoide e l’aterosclerosi, nelle quali il fumo di sigaretta rappresenta un importante fattore di rischio”, precisa Barnes. “Sebbene non ci siano al momento trattamenti efficaci per la BPCO, molti nuovi antinfiammatori sviluppati in clinica potrebbero essere utili nel trattamento dell’infiammazione nella BPCO e nelle malattie croniche concomitanti. Poiché la resistenza agli effetti antinfiammatori dei corticosteroidi è una caratteristica tipica della BPCO e di molte altre malattie, si stanno sperimentando nuove strategie per contrastare questo effetto. I farmaci sviluppati per il trattamento di malattie croniche concomitanti, quali gli ACE inibitori e le statine per la malattia cardiovascolare e gli agonisti di PPAR-gamma per il diabete si sono dimostrati utili anche per trattare la BPCO” aggiunge Barnes. “Nel frattempo”, conclude l’organizzatore del seminario di Roma, il Professor Fabbri, “dobbiamo riconsiderare con urgenza tutta la terminologia e sviluppare nuovi criteri sia per la diagnosi che per il trattamento dei pazienti colpiti da più di una malattia cronica”. In parallelo l’organizzazione sanitaria e le strutture sanitarie dovranno adeguarsi, e tornare ad un modello organizzativo di tipo più “internistico” con raccolta degli specialisti in dipartimenti polispecialistici o internistici intra- ed extra-ospedalieri.