mercoledì, 29 novembre 2023
Medinews
29 Giugno 2007

EPATITI CRONICHE, ECCO LE NUOVE TECNICHE NON INVASIVE PER LA DIAGNOSI

Marker biologici ed elastografia affiancheranno la biopsia. Il prof. Pinzani: “Almeno 58 mila persone colpite da cirrosi ogni anno beneficeranno di questi nuovi metodi”

Firenze, 29 giugno 2007 – Circa 50 mila persone muoiono ogni anno in Italia per cirrosi epatica conseguente ad infezione virale cronica o ad altre cause e sono in aumento i casi di carcinoma del fegato. Il numero di decessi nel nostro paese raggiunge il 3% della popolazione e sono circa 58 mila le persone che ogni anno progrediscono fino alla cirrosi. Da qui la necessità di monitorare con attenzione l’evolversi delle epatiti. “Va valutata in modo esauriente la malattia con sistemi che permettano di esaminare, senza applicare metodi invasivi, anche pazienti con cirrosi non scompensata” afferma il professor Massimo Pinzani del Dipartimento di Medicina Interna dell’Università di Firenze, coordinatore del corso di aggiornamento, organizzato dall’U.O. Formazione dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, a cui partecipano 100 medici e specialisti in medicina interna, gastro-enterologia e malattie infettive della Toscana. Tra i temi dibattuti la biopsia epatica, ancora un gold standard per la diagnosi delle malattie epatiche croniche, ma anche l’innovazione con percorsi diagnostici personalizzati per il malato di epatite cronica virale o la progressione della malattia nella steatoepatite non alcolica. “La parte più importante del corso – continua il Prof. Pinzani, – è quella relativa alle nuove acquisizioni nella diagnostica non invasiva: la valutazione di nuovi marcatori serici e l’elastografia epatica, che consiste nell’applicazione di un’onda elastica sulla parete toracica diretta verso il fegato, la cui consistenza viene valutata tramite il ritorno dell’onda. Più il fegato è ‘duro’, più la malattia dovrebbe essere evoluta verso la cirrosi.”

Nella valutazione della progressione delle epatopatie croniche è molto importante una diagnosi precisa e precoce. Ad oggi però, e non si parla solo di fasi avanzate della malattia come cirrosi e carcinomi, ma anche della ‘semplice’ steatoepatite e dell’epatite cronica, la diagnosi viene attuata con la biopsia, tecnica invasiva che prevede un prelievo di tessuto e l’analisi istologica per determinare con certezza a quale livello è arrivata la trasformazione fibrotica del fegato. La diagnosi precoce è efficace solo se applicata ad un elevato numero di persone e per questo “è importante che si utilizzino metodiche non invasive e semplici, che possano essere eseguite dallo stesso gastroenterologo, senza dover ricorrere, nella pratica clinica quotidiana, ad altri specialisti, come avviene nel caso di tomografia e risonanza magnetica – ci spiega il Prof. Pinzani .- In questo corso non verranno trattate metodiche fantascientifiche, ma applicazioni semplici e realizzabili. Sarà trattato l’uso di sistemi non invasivi principalmente nelle epatiti croniche virali, perché queste hanno maggiore impatto sul rapporto costo-beneficio. Tra le nuove metodiche in fase di valutazione, i marcatori della matrice extracellulare che sono legati alla formazione di fibrosi e allo sviluppo di cirrosi epatica.” Una buona valutazione della progressione della malattia epatica può essere ottenuta con l’elastografia. “L’unica limitazione sono i depositi di grasso sottocutaneo nei pazienti obesi o in sovrappeso (uno strato di tessuto adiposo sottocutaneo si interpone tra l’apparecchio e il fegato e ne ostacola l’analisi) o l’ascite nei pazienti scompensati – puntualizza il Prof Pinzani.” In una delle letture, viene dato spazio all’utilizzo di questi sistemi di valutazione della steatoepatite non alcolica, forma clinica in cui al semplice accumulo di grasso nel fegato si associano infiammazione ed evoluzione fibrotica verso la cirrosi. Nelle fasi iniziali della malattia, la maggior parte delle persone ha bisogno solo di semplici cambiamenti dello stile di vita, quali un’alimentazione equilibrata, un incremento dell’attività fisica e l’eventuale utilizzo di prodotti antiossidanti, per osservare una significativa riduzione dei depositi di grasso nel fegato. Un prodotto, come l’associazione di silibina, fosfolipidi e vitamina E, protegge gli epatociti dal danno infiammatorio dei radicali liberi, come stabilizzatore naturale di membrana e antiossidante naturale ed è in grado di ‘depurare’ il fegato grasso e rallentare il danno, riequilibrando l’assetto metabolico del fegato. I dati clinici, ad oggi, hanno dimostrato alcune regressioni della steatosi e in alcuni casi una normalizzazione degli indici bioumorali, finora utilizzati, quali le transaminasi Alt e gamma-Gt. In linea con la filosofia dell’incontro di aggiornamento di Firenze, si può concludere che una valutazione efficace delle proprietà terapeutiche dei farmaci attualmente utilizzati e di quelli in corso di sperimentazione non può prescindere da una valutazione accurata e puntuale e possibilmente non invasiva.
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