lunedì, 9 settembre 2024
Medinews
21 Dicembre 2005

EPATITE CRONICA B : ENTECAVIR NON PROVOCA RESISTENZE NEI PAZIENTI NAIVE ALLA TERAPIA CON NUCLEOSIDICI

Nuovi dati sul trattamento a 96 settimane in pazienti HBeAg positivi naive ai nucleosidici presentati all’American Association for the Study of Liver Diseases di San Francisco

Roma, 18 novembre 2005 — I dati presentati al 56° meeting annuale dell’American Association for the Study of Liver Diseases (AASLD) – tenutosi a San Francisco – dimostrano che non c’è alcun aumento della carica virale dovuto a farmaco-resistenza nel corso dei due anni di trattamento con l’agente antivirale orale entecavir, molecola della classe degli analoghi nucleosidici scoperta e sviluppata da Bristol-Myers Squibb. La molecola è stata studiata su pazienti adulti con epatite cronica B da virus ‘wild-type’ che non avevano mai assunto farmaci nucleosidici (pazienti naïve ai nucleosidici).
All’AASLD sono stati presentati i dati ottenuti da uno studio clinico di fase III su larga scala (ETV-022) condotto su pazienti naïve ai nucleosidici e HbeAg positivi per l’epatite B: i pazienti trattati con entecavir fino a 96 settimane mostrano un significativo abbassamento della carica virale a livelli non rilevabili rispetto a quelli trattati con lamivudina nello stesso studio. “I dati dello studio ETV-022 dimostrano, a 96 settimane di trattamento, una riduzione della carica virale a valori non rilevabili nell’80% dei pazienti trattati con entecavir e nel 39% con lamivudina – afferma Robert Gish, uno dei coordinatori dello studio e direttore del programma per i trapianti di fegato del Centro Medico del Pacifico di San Francisco – Nei pazienti trattati fino a 96 settimane il trattamento con entecavir ha dimostrato un significativo miglioramento rispetto a quello con lamivudina nel ridurre la carica virale a livelli non rilevabili e nella normalizzazione dei livelli di alanina aminotransferasi (ALT)”. Solo nell’8% dei pazienti sia nel gruppo trattato con entecavir che in quello trattato con lamivudina, si sono registrati eventi avversi seri.

ENTECAVIR: DATI DI RESISTENZA A DUE ANNI DI TRATTAMENTO
Il lungo monitoraggio condotto su più di 650 pazienti naïve ai nucleosidici, con epatite cronica B HBeAg-positiva e HBeAg-negativa (con virus ‘wild-type’), trattati con entecavir, non ha mostrato alcuna evidenza di aumento della carica virale dovuto a resistenza al farmaco nei due anni di trattamento. Entecavir non ha determinato la selezione di ceppi virali mutati e resistenti che ne ridurrebbero l’efficacia farmacologica o che sono generalmente associati a resistenza indotta da lamivudina (ceppi YMDD mutanti). Nei pazienti con resistenza a lamivudina trattati con entecavir per 2 anni, l’effetto ‘rebound’ della carica virale che si può attribuire a resistenza a entecavir è stato osservato nel 9% (14 su 154) dei pazienti. In tutti questi casi il ‘rebound’ è attribuibile a una specifica resistenza dovuta a mutazioni virali indotte dal precedente trattamento con lamivudina.

I DATI DELLO STUDIO CON ENTECAVIR A 96 SETTIMANE
Lo studio ETV-022 ha valutato 709 pazienti naïve ai nucleosidici, con epatite cronica B HBeAg-positivi. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere 0,5 mg di entecavir (n=354) o 100 mg di lamivudina (n=355) una volta al giorno. Alla 52a settimana, come da protocollo, si è deciso di continuare od interrompere il trattamento in base alle risposte virologica e sierologica osservate alla 48a settimana. I pazienti definiti come responders (HBV DNA <0,7 MEq/mL di bDNA e HbeAg negativi) e quelli non-responders (HBV DNA ?0,7 MEq/mL di bDNA) hanno interrotto il trattamento. I pazienti che hanno presentato risposta virologica (HBV DNA <0,7 MEq/mL di bDNA ma HbeAg positivi) hanno proseguito il trattamento a 96 settimane, fino a risposta raggiunta, o all’ottenimento di 2 misurazioni consecutive di HBV DNA ?0,7 MEq/mL nel corso del secondo anno di trattamento. Tra i pazienti che hanno continuato il trattamento con entecavir dopo 48 settimane, si è osservato un aumento del 17% in coloro che presentavano HBV DNA non rilevabile (cioè meno di 300 coppie/mL misurate con PCR standard). Al contrario, nessun aumento di questo genere è stato rilevato per i pazienti che hanno continuato oltre le 48 e fino a 96 settimane il trattamento con lamivudina. La normalizzazione dei livelli di ALT è stata registrata nel 79% e nel 68% dei pazienti oltre le 48 settimane trattati rispettivamente con entecavir e lamivudina.

E’ stata valutata la risposta complessiva definita come 2 misurazioni consecutive o l’ultima disponibile in corso di trattamento. L’80% dei pazienti che assumevano entecavir fino a 96 settimane ha presentato una riduzione della carica virale a livelli non rilevabili rispetto al 39% di quelli trattati con lamivudina (p<0,0001). La sieroconversione confermata (HbeAg negativo o anti-Hb positivo) è stata rilevata nel 31% dei pazienti trattati con entecavir e nel 26% di quelli con lamivudina, nel corso delle 96 settimane di trattamento e nel follow-up [p=non significativo (NS)]. Dopo 6 mesi di follow-up post-trattamento, la conferma della negatività all’antigene di superificie dell’epatite B è stata evidenziata nel 5% e nel 3% rispettivamente dei pazienti trattati con entecavir e lamivudina fino a 96 settimane (p=NS).
Il profilo degli eventi avversi totali registrati è stato sovrapponibile per entecavir e lamivudina nelle 96 settimane. Eventi avversi seri sono stati rilevati nell’8% dei pazienti in entrambi i gruppi. L’interruzione del trattamento per eventi avversi seri è avvenuta in meno dell’1% dei casi per entecavir e nel 3% per lamivudina. I decessi sono stati 2 nel gruppo entecavir e 4 nel gruppo lamivudina; nessuno di questi era correlato ai farmaci dello studio, come dichiarato dagli investigatori. Variazioni dei livelli di ALT si sono ottenute nel 3% dei pazienti in terapia con entecavir e nel 7% di quelli con lamivudina.

ENTECAVIR
Scoperto e sviluppato dalla Bristol-Myers Squibb, entecavir appartiene alla classe degli analoghi nucleosidici. Bristol-Myers Squibb ha depositato domanda di registrazione in molte regioni e paesi inclusi Europa, Medio Oriente e Africa. Il programma di sviluppo clinico entecavir è il primo a confrontare due antivirali, entecavir e lamivudina, che ad oggi è la terapia orale più usata al mondo per il trattamento dell’epatite cronica B, e coinvolge più di 1.600 pazienti in tutto il mondo. Bristol-Myers Squibb continua il monitoraggio e la valutazione dei pazienti che hanno partecipato al programma clinico con entecavir.
TORNA INDIETRO