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Pechino, 25 marzo 2010 – Entecavir blocca la replicazione del virus: stop ai danni al fegato. In Cina il più alto tasso di incidenza al mondo. In Italia 700mila le persone colpite
È un’epidemia silenziosa che continua inarrestabile. Nel mondo 2 miliardi di persone (una su tre) sono venuti a contatto con il virus dell’epatite B (HBV), 350 milioni hanno sviluppato l’infezione nella forma cronica e ogni anno si registra un milione di decessi per malattie correlate al virus. I dati emergono dal 20° Congresso dell’Asian Pacific Association for the Study of the Liver (APASL), il più importante appuntamento del continente asiatico sulle malattie del fegato, che si apre oggi a Pechino. E la regione asiatica è la più colpita al mondo, il 75% dei portatori cronici (circa 20 milioni solo in Cina) si trova infatti in questa zona. L’HBV è estremamente contagioso, 100 volte più dell’HIV (il virus dell’AIDS) e, se non trattata, l’infezione può causare gravi complicanze tra cui fibrosi, cirrosi e tumore del fegato. Nonostante queste cifre allarmanti, poche persone sono consapevoli dell’importanza di sottoporsi a una terapia. Basti pensare che in Europa solo il 12% dei malati sa di avere il virus e in Italia, su circa 700mila persone colpite da epatite B cronica, solo 25mila sono in terapia, ma molte di più potrebbero trarre beneficio da trattamenti efficaci per arrestare l’evoluzione della malattia. In particolare entecavir, molecola scoperta nei centri di ricerca di Bristol-Myers Squibb e disponibile in Italia da tre anni, è un antivirale orale ad elevata potenza e barriera genetica. È stato dimostrato che un trattamento a lungo termine con un antivirale potente ed efficace è in grado di arrestare i danni al fegato, di migliorare la fibrosi epatica e di aumentare la sopravvivenza dei pazienti. Entecavir non solo blocca la replicazione del virus nel sangue, ma spegne anche l’infiammazione indotta dall’HBV nel fegato. E se non c’è infiammazione, il danno al fegato non progredisce. I dati di efficacia hanno rilevato che il 94% dei pazienti trattati con entecavir ha mantenuto la carica virale a livelli non determinabili dopo 5 anni di terapia. E studi di resistenza su pazienti trattati con entecavir per più di sei anni continuativamente hanno evidenziato che la probabilità che sviluppino mutazioni virali che conferiscono resistenza alla molecola è stata molto bassa (circa l’1,2%). Entecavir ha raggiunto questi risultati grazie alla sinergia fra la potenza nell’abbattere la carica virale e l’alta barriera genetica con la necessità per il virus di sviluppare almeno tre mutazioni per sfuggire all’effetto della molecola.
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