Le sigarette sono le principali responsabili della malattia. In uno studio dell’Università di Catania il supporto via mail ha avuto successo su un terzo dei partecipanti
Modena, 17 novembre 2008 – L’e-mail per dire basta. Internet si affianca agli strumenti antifumo tradizionali. Da uno studio condotto dall’equipe del prof. Riccardo Polosa dell’Università di Catania su 30 persone è emerso che il 36,7% dei partecipanti ha smesso completamente di fumare grazie al supporto offerto dagli esperti via posta elettronica. E più della metà di coloro che non sono riusciti a dire addio alle sigarette ha ridotto in modo sostanziale la propria dipendenza, passando da una media di 26 a 8 bionde al giorno. “Il fumo di sigaretta – afferma il prof. Leonardo Fabbri, presidente dell’ERS (European Respiratory Society) e direttore della Clinica di malattie Respiratorie dell’Università di Modena e Reggio Emilia – è responsabile della morte di più di 80000 italiani all’anno, la maggior parte per malattie cardiovascolari e tumori. Il fumo è la causa principale della broncopneumopatia cronica ostruttiva, malattia altamente invalidante che nel nostro Paese colpisce 4 milioni di persone ed è diretta responsabile di circa 18.000 morti all’anno. È necessario ricorrere a tutti gli strumenti a nostra disposizione per aumentare la cultura della prevenzione. Soprattutto se si considera che il 75% dei pazienti con BPCO non riceve una diagnosi. Un mezzo semplice ed efficace come la posta elettronica può fornire supporto e assistenza a tutti i fumatori che vogliono smettere”. Per far luce su questi temi il 19 novembre si celebra la VII Giornata mondiale di sensibilizzazione contro la BPCO: più di 600 milioni di persone nel mondo sono affette da questa malattia, che, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, sarà la terza causa di morte nel 2020.“È indispensabile – spiega Riccardo Polosa, professore ordinario di medicina interna all’Università di Catania e autore dello studio – capire che il fumo non è un vizio. Se così fosse, sarebbe materia esclusivamente privata, personale, soggetta al diritto individuale. Il fumo in realtà è una malattia, una tossicodipendenza di cui la medicina e la società devono occuparsi nell’interesse di un individuo che deve essere considerato alla stessa stregua di un ‘paziente’. L’OMS, infatti, classifica il tabagismo tra le patologie da dipendenza farmacologica, nella stessa lista in cui si trovano anche l’abuso di alcol e l’assunzione di eroina”. La lotta al tabagismo è difficile e chi la conduce non ha nulla da guadagnarci, se non la coerenza scientifica e la soddisfazione del proprio senso del dovere. Lo strumento principale di questa battaglia è l’informazione avvalorata da conoscenze scientifiche. Basti pensare alla capillare opera di sensibilizzazione sui danni provocati dalle sigarette cosiddette “light”: studi scientifici hanno chiaramente dimostrato come il rischio di tumore al polmone non varia tra persone che fumano sigarette ad alto o basso contenuto di catrame. Pertanto la riduzione del contenuto di catrame al di sotto dei 15 mg (tipica della sigaretta cosiddetta “light”), che negli anni ’80 era stata massicciamente pubblicizzata quale soluzione ai danni derivanti dal fumo di sigaretta, non determina alcuna riduzione del rischio di tumore al polmone. Fumare è un danno per la salute, comunque. “Al congresso annuale della European Respiratory Society, svoltosi a Berlino in ottobre, – conclude il prof. Fabbri -abbiamo presentato l’identikit di chi più spesso riesce a smettere di fumare: uomini sposati che convivono con non fumatori, poco dipendenti dalla nicotina, che hanno iniziato tardi a fumare e hanno già provato a smettere per periodi abbastanza lunghi. Prendere in considerazione questi elementi serve a capire chi ha più difficoltà a farcela e aiuta a intervenire in maniera più incisiva, quando occorre. Le donne, ad esempio, vanno aiutate a non temere l’aumento di peso e a fronteggiare gli effetti del ciclo mestruale sui sintomi dell’astinenza. Con chi ha iniziato a fumare da giovane, è invece necessario adottare una strategia aggressiva fin dall’inizio”. “Per quanto impegno e professionalità si possano spendere in un programma di cessazione – conclude il prof. Polosa -, ci sarà sempre un discreto numero di fumatori che rispondono male ai tentativi di sospensione del fumo. Convinzioni ed atteggiamenti negativi possono essere risolti promuovendo la comprensione generale della storia naturale sulla cessazione del fumo, rendendo razionale l’utilizzo dei servizi per smettere di fumare ed informandosi sul corretto uso di farmaci per la dipendenza da nicotina. In particolare, una migliore conoscenza degli elementi predittivi per la riuscita della sospensione del fumo può essere utile nella consultazione clinica di routine alla individuazione dei tabagisti che hanno maggiore probabilità di smettere”. “Comunque, a parte smettere di fumare, dobbiamo occuparci dei fumatori che hanno sviluppato la BPCO – conclude il prof. Lorenzo Corbetta, Professore Associato Malattie dell’Apparato Respiratorio all’Università degli Studi di Firenze -. Il motto internazionale della giornata mondiale della BPCO del 2008 è ‘Breathless BUT NOT helpless’: senza fiato ma non senza aiuto (o Aiutati per non restare senza fiato). Questo messaggio positivo getta una luce di ottimismo per i pazienti in quanto sono in arrivo nuovi e più efficaci trattamenti che miglioreranno ulteriormente la qualità della vita e forse anche l’attesa di vita dei pazienti con BPCO. Farmaci già in uso come la combinazione salmeterolo/fluticasone o anche il solo tiotropio, si sono confermati efficaci e sicuri in 2 recenti studi su migliaia di pazienti trattati per 3-4 anni, e sembrano anche portare ad una riduzione di mortalità. Inoltre, studi ancora in corso confermano che a breve vi sarà un nuovo farmaco, il roflumilast, in grado di aggiungere ulteriore efficacia ai trattamenti esistenti”.