Riconosciute le terapie biologicamente avanzate. Vincono i Centri di ricerca afferenti a “le Molinette” di Torino, INT di Milano, Ospedale S. Maria della Misericordia di Perugia e IEO di Milano
Milano, 24 novembre 2007 – Si chiama farmacoprevenzione, la strategia per contrastare il processo di formazione del tumore prima ancora che la malattia si manifesti. “Parte da qui la nostra nuova sfida al cancro: sconfiggerlo puntando ad una valutazione del rischio individuale e a interventi sperimentali di prevenzione tramite farmaci specifici – afferma il prof. Umberto Veronesi, Direttore Scientifico dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. L’essere all’avanguardia nell’individuare nuove strategie di lotta al tumore è la motivazione principale che ha portato la giuria ad individuare l’IEO come uno dei vincitori del primo Premio Nazionale “Vittorio Alfieri”. Un riconoscimento andato a cinque Centri di eccellenza del nostro Paese che hanno contribuito in maniera determinante alla lotta di alcuni fra i più frequenti tumori: seno, mieloma multiplo, linfomi, leucemie. I premi, assegnati oggi a Milano, sono promossi dalla Fondazione e dalla Cassa di Risparmio di Asti, dalla Banca popolare di Milano e dalla Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori- sezione di Asti e vengono consegnati al prof. Mario Boccadoro, al prof. Alessandro Massimo Gianni, al prof. Massimo Martelli al prof. Corrado Tarella e al prof. Umberto Veronesi.
I Centri selezionati hanno contribuito in maniera determinante all’elaborazione di strategie e protocolli innovativi. Anche grazie a questi sviluppi, la mortalità per questi tipi di tumore ha registrato un forte calo negli ultimi vent’anni. “Oggi il cancro del seno, se si interviene in uno stadio iniziale, guarisce in più del 90% dei casi, con effetti minimi dal punto di vista estetico – continua il prof. Veronesi -. Siamo passati dalla strategia del “massimo tollerabile” a quella del “minimo efficace”: un cambiamento epocale avvenuto soprattutto grazie alla diagnosi precoce. Ma enormi passi avanti si sono registrati anche per quanto riguarda l’effetto psicologico degli interventi: cure sempre meno aggressive e sempre più rispettose dell’integrità del corpo femminile”. La tecnica del “linfonodo sentinella” messa a punto all’IEO, che permette di procedere alla rimozione dei linfonodi dell’ascella solo quando è veramente necessario è oggi diventata uno standard internazionale. Il mieloma multiplo rappresenta un altro ottimo esempio di come i nuovi farmaci abbiano permesso di cambiare la storia naturale della malattia. Oggi si raggiungono percentuali di risposta dell’80%, con un 30-40% di remissione completa. “Recentemente sono state introdotte molecole che si sono dimostrate molto attive in pazienti in fase di ricaduta – spiega il prof. Mario Boccadoro, Direttore della Divisione Universitaria di Ematologia dell’Ospedale San Giovanni Battista di Torino -, molecole che il nostro Centro ha contribuito sostanzialmente a sviluppare. È stato dimostrato che esiste una sinergia fra questi nuovi farmaci e la “vecchia” chemioterapia convenzionale: “nuovo” e “vecchio” insieme sono in grado di migliorare nettamente la risposta alla terapia e la sopravvivenza dei pazienti. Sono state anche applicate con grande successo nuove procedure di trapianto allogenico non mielo-ablativo, molto meno tossico e maggiormente efficace”. Anche i linfomi hanno fortunatamente conosciuto un crollo verticale della mortalità: “Grazie soprattutto a una serie di significativi passi avanti, più che di un singolo grande balzo – spiegano il prof. Alessandro Massimo Gianni dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e il prof. Corrado Tarella dell’ Azienda Ospedaliera S. Giovanni Battista di Torino -: tra questi, alcuni nuovi farmaci, come gli anticorpi monoclonali e i fattori di crescita emopoietici, una radioterapia più efficace e meno tossica, e soprattutto un impiego ottimale dei farmaci a disposizione”. I due Centri di ricerca hanno per primi identificato il ruolo delle cellule staminali circolanti, che hanno permesso di abbattere drasticamente la mortalità da autotrapianto. Nei cosiddetti linfomi B ad alto grado, le sopravvivenze sono molto aumentate. Addirittura nei linfomi follicolari avanzati, finora considerati inguaribili, sono state ottenute lunghe sopravvivenze senza segni di ricaduta. Anche il gruppo di Perugia, che fa capo al prof. Massimo Martelli, ha ottenuto importanti risultati in tema di leucemie acute. Con il trapianto da donatore familiare è possibile attualmente guarire malati che avrebbero avuto una prospettiva di vita non superiore al 15%. “Il nostro lavoro si è concentrato nell’individuare una strategia che permetta di superare il rigetto e la malattia “trapianto contro ospite”, una grave condizione clinico-patologica provocata dalla aggressione del sistema immunitario del donatore contro il ricevente – spiega il prof. Martelli, Direttore della Struttura Complessa di Ematologia con Trapianto di Midollo Osseo dell’azienda Ospedaliera di Perugia -. Oggi, grazie all’impiego dei donatori familiari parzialmente compatibili, è possibile effettuare il trapianto in tutti i pazienti con leucemia acuta in cui se ne riscontri l’indicazione”. La XV edizione dei Premi finalizzati alla lotta contro i tumori, ha voluto, per la prima volta, con il Premio “Vittorio Alfieri” riconoscere l’eccellenza dei “Centri di ricerca clinico-terapeutica”, cioè a vantaggio diretto dei pazienti. “In particolare – afferma Alessandro Pileri, professore emerito di Ematologia all’Università degli Studi di Torino e presidente della commissione giudicatrice – abbiamo quest’anno voluto premiare quei Centri che si sono distinti per nuovi razionali clinico-biologici e conseguente elaborazione di strategie e protocolli terapeutici innovativi, altamente efficaci e riconosciuti a livello internazionale. Centri che hanno contribuito a consolidare nel mondo la fama della scuola oncologica ed ematologica italiana”.