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20 Marzo 2006

COLON, LA ‘CHEMIO’ DOPO LA CHIRURGIA SALVA 1 PAZIENTE SU 2. RADDOPPIATA IN 10 ANNI LA SOPRAVVIVENZA IN CASO DI METASTASI

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Si chiude oggi a Varsavia l’International Gastro-Intestinal Cancer Summit

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Varsavia, 20 marzo 2006 – Il primo dato forte è che oggi anche un malato di tumore del colon non metastatico in stadio III, quello statisticamente più diagnosticato, ha una possibilità concreta di morire di vecchiaia. Se nel 1990 con la sola chirurgia ‘guariva’ infatti solo il 44% dei pazienti, a poco più di 15 anni di distanza la percentuale è salita al 72%. Questo enorme avanzamento lo si deve all’aggiunta, dopo la resezione della neoplasia, di una chemioterapia di combinazione che si fonda su un farmaco specifico, l’oxaliplatino. Sono questi alcuni dei risultati più significativi, dopo ormai 4 anni e mezzo di follow up dei 6 previsti, del MOSAIC, studio internazionale multicentrico di fase III (2.246 pazienti arruolati in 150 centri di 20 paesi, prevalentemente europei) che ha confrontato il regime chemioterapico standard, basato su 5-fluorouracile ed acido folinico, con uno identico ma che prevedeva l’aggiunta di oxaliplatino (schema definito FOLFOX) subito dopo la chirurgia, nella fase cosiddetta adiuvante. Risultati che il prof. Corrado Boni, coordinatore per l’Italia dello studio e direttore dell’Unità operativa di Oncologia Medica dell’ospedale di Reggio Emilia, secondo centro per numero di casi trattati – non esita a definire “eclatanti”. “L’introduzione dell’oxaliplatino, dieci anni fa – sostiene Boni, a margine dell’International Gastro-Intestinal Cancer Summit, che si è concluso oggi a Varsavia – ha di fatto rivoluzionato la terapia del carcinoma del colon, uno dei principali big killer, con oltre 37.000 nuovi casi all’anno in Italia e 17.000 morti. Il MOSAIC – prosegue Boni – ha inoltre mostrato che, a 4 anni dall’intervento chirurgico, aver trattato i malati con FOLFOX ha ridotto del 25% il rischio di recidiva nei pazienti in stadio III, rispetto al vecchio regime standard basato su 5-fluorouracile ed acido folinico, e addirittura del 55-65% se confrontato con la sola chirurgia, senza chemioterapia postoperatoria. Se questa riduzione del 25% la trasferiamo nella realtà italiana, dove si registrano 10.000 nuovi casi all’anno di stadi III, significa salvare dalla ricaduta 700-800 pazienti in più (il FOLFOX confrontato alla terapia standard dà un vantaggio assoluto del 7-8%)”.

Per nessuna patologia tumorale si era mai assistito ad un progresso così importante. Se con il solo intervento chirurgico si salva meno della metà dei pazienti con linfonodi infiltrati (l’altra metà presenta una recidiva o una metastasi entro 5 anni), l’aggiunta della chemioterapia con FOLFOX consente di dare una concreta speranza ad un 30% di pazienti in più. “Grazie al MOSAIC – spiega il prof. Boni – si è visto che già dopo tre anni dall’intervento la differenza di sopravvivenza libera da malattia tra i due bracci dello studio era di un 7% assoluto a favore di chi era sottoposto al regime FOLFOX. Vale a dire che il 72,8% dei pazienti che assumeva anche l’oxaliplatino non presentava una recidiva della malattia, contro il 65,8% dei malati in terapia standard. Una forbice che si allarga ulteriormente l’anno successivo: il vantaggio assoluto passa dal 7 all’8,7%, cioè dal 61 al 69,7%, che significa un guadagno di un altro 1,7% di sopravvivenza. Ma il dato secondo me più importante – aggiunge l’oncologo – è che questi risultati si ottengono anche negli stadi II, in particolar modo quelli cosiddetti ad alto rischio, dove ancora non c’è piena concordia tra gli oncologi sul sottoporre o meno i pazienti a terapia adiuvante dopo la chirurgia. Certo negli stadi II il beneficio assoluto è inferiore, ma questo si spiega col fatto che anche il rischio di recidiva è inferiore. Nello studio MOSAIC il vantaggio a favore della terapia di combinazione è comunque del 3,1% a tre anni (da 84,3% a 87,4%) e del 3,8% a quattro anni (dall’81,3 all’85,1%): in percentuale significa un +25% in un solo anno”.
Numeri dunque che fanno ben sperare, soprattutto in prospettiva. “Il vantaggio significativo che oggi riscontriamo nella prevenzione della recidiva – sostiene Boni – si trasformerà infatti in un aumento della sopravvivenza, tenendo conto inoltre che la recidiva non è di per sé una condanna a morte immediata. Il miglioramento delle cure ha raddoppiato la mediana di vita anche negli stadi metastatici: da 8-9 mesi a circa 2 anni, nemmeno i taxani nel carcinoma mammario sono riusciti a tanto”..
A confortare le evidenze del MOSAIC ci sono anche i risultati di altri studi, per esempio il NSABP C07: 2407 pazienti arruolati, il 28,6% con tumore del colon di stadio II e il 71,4% di stadio III, disegnato per confrontare il regime basato sul solo 5 fluorouracile con quello con aggiunta di oxaliplatino. Anche in questo caso, a tre anni dall’intervento, chirurgico la terapia di combinazione settimanale con oxaliplatino ha aumentato dal 71,6% al 76,6% la probabilità dei pazienti di essere liberi da malattia, riducendo contemporaneamente del 21% il rischio di recidiva. Lo studio NSABP non solo conferma quanto già visto nel MOSAIC: mostra come il beneficio per i pazienti con carcinoma colorettale in stadio II o III non metastatico non dipende quindi dalla schedula chemioterapica utilizzata, ma dall’oxaliplatino, che in aggiunta a 5-fluorouracile ed acido folinico riduce in modo significativo il rischio di ricadere dopo resezione del tumore primario.
Oltre al vantaggio immediato per i malati, i risultati di questi studi aprono prospettive ancora più importanti. “Se anche i farmaci biologici di nuova generazione attualmente impiegati con grande successo nel carcinoma metastatico – conclude Boni – dimostreranno gli stessi vantaggi in adiuvante, la battaglia contro il carcinoma del colon potrà fare a breve ulteriori progressi”.
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