mercoledì, 4 dicembre 2024
Medinews
26 Maggio 2004

CANCRO, PROSTATA ‘CONGELATA’ PER VINCERE LA MALATTIA

L’intervento, su un paziente di 72 anni, trasmesso in diretta da Milano al IV Congresso Nazionale di Endourologia in corso a Sorrento

Milano, 20 aprile 2004 – Si chiama crioterapia di terza generazione e consente di bloccare il tumore congelando la ghiandola prostatica e poi riportandola a temperatura normale con l’utilizzo di due gas (l’argon per abbassare la temperatura a meno 40° e l’elio per scongelare). Il trattamento è in grado di uccidere le cellule della prostata e ottenere la guarigione, esattamente come la rimozione chirurgica della ghiandola, ma non prevede operazioni impegnative né lunghe degenze ospedaliere. In Italia si pratica solo al San Raffaele Turro di Milano, dove l’equipe del prof. Giorgio Guazzoni, direttore della divisione di Urologia, all’avanguardia nell’approccio ‘soft’ al carcinoma della prostata, ha realizzato i primi 6 casi in Italia. La tecnica è stata presentata per la prima volta in diretta da Milano ai 500 specialisti riuniti a Sorrento fino al 21 aprile per il IV Congresso Nazionale della Società di Endourologia. Ottimi risultati ottenuti anche con un’altra metodica, la brachiterapia, indicata negli stadi iniziali del tumore e in particolari casi in cui sia sconsigliato l’intervento chirurgico tradizionale, come nel caso presentato a Sorrento. Il paziente, 60 anni, aveva in precedenza subito il trapianto di un rene.

Il collegamento video ha presentato i casi di due pazienti operati dagli aiuti del prof. Guazzoni, il dr. Andrea Losa e il dr. Luciano Nava, rispettivamente con crioterapia e brachiterapia considerate le nuove armi per combattere il carcinoma della prostata, malattia che in Italia colpisce ogni anno circa 20 mila uomini, in prevalenza ultrasessantacinquenni, con una sopravvivenza a 5 anni intorno al 65%.
“In comune le due tecniche hanno la possibilità di evitare il ricorso a interventi chirurgici impegnativi – spiega il dr. Losa – e per questo sono indicate per pazienti con altre malattie e anziani. Entrambe non comportano perdite di sangue e hanno basso rischio di complicanze”. Anche la crioterapia di terza generazione è ormai una procedura ormai convalidata dalle autorità sanitarie americane che si attua creando temperature ‘letali’ per le cellule.
“Per gli interventi – continua il dr. Losa – vengono utilizzate sonde tecnologicamente sempre più avanzate, oggi della dimensione di un ago da biopsia. Inserite nella prostata creano palline di ghiaccio che si fondono fino a coprire l’intera superficie dell’organo, provocando la morte cellulare”. La crioterapia, come la brachiterapia, assicurano gli esperti, è indicata nei casi di tumore clinicamente localizzato e può essere utilizzata, in casi selezionati, anche in pazienti. “La brachiterapie – aggiunge il dr. Losa – è stata introdotta in Italia nel 1998 alla Casa di Cura Villa Turro del San Raffaele dal prof. Guazzoni. È una forma di radioterapia ‘mirata’ che avviene impiantando nella ghiandola prostatica piccolissimi ‘semi’ radioattivi in filiera che rilasciano radiazioni in grado di distruggere il tumore senza danneggiare le strutture adiacenti alla ghiandola e permettendo il mantenimento della funzione erettile in cira l’80% dei pazienti”.
Gli ultimi risultati presentati al congresso europeo di urologia tenutosi recentemente a Vienna hanno sottolineato che la brachiterapia funziona nell’ 87% dei casi con una sopravvivenza a 10 anni del 100%. Inoltre il trattamento consente al paziente di tornare a casa entro 24 ore, al lavoro entro 4 giorni. ‘Importata’ in Italia dagli Usa, è disponibile dal 1998 ma ancora poco conosciuta: solo il 5% dei pazienti che potrebbero beneficiarne viene in realtà trattato. L’azienda americana che produce i semi radioattivi, Oncura Amersham, è la stessa che ha messo a punto dispositivi di terza generazione per la crioterapia. “Il nostro prossimo impegno – spiega il dott. Giovanni Cerutti, responsabile di Oncura per l’Italia – è quello di allargare il possibile utilizzo di queste innovative tecniche miniinvasive. Il prossimo passo sarà di estendere la crioterapia di terza generazione ad alcune forme di carcinoma del rene: con le nostre sonde è già possibile intervenire anche sul cancro renale per via laparoscopica o percutanea, evitando al paziente lunghi ricoveri e le sofferenze dovute a un impegnativo intervento chirurgico”.
TORNA INDIETRO