Convegno Aiom a Roma per presentare la prima indagine su organizzazione e sanità in Italia
Roma, 28 marzo 2006 – Nove Asl su dieci prevedono cure oncologiche anche a domicilio e in 7 su 10 esistono codici d’urgenza per i malati di cancro. Carente, invece, l’assistenza ai pazienti in fase avanzata o terminale (hospice in 4 Asl su 10 e terapia del dolore a domicilio in 6 su 10), scarsa integrazione con ospedali e medici di famiglia e mancanza di cartelle cliniche elettroniche, solo in 2 Asl su 10 il medico di famiglia può prenotare direttamente visite e diagnosi abbattendo le liste d’attesa. Luci e ombre che emergono dalla prima analisi nazionale sui “Modelli gestionali in oncologia” dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), realizzata grazie al supporto di Roche, la consulenza tecnica di KPMG e presentata oggi a Roma ad un convegno con il patrocinio della Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (Fiaso). La prima fase della ricerca è stata condotta su un campione di 16 Asl che coprono il 12,5% della popolazione italiana, più di 7 milioni di cittadini, la seconda sta per partire su 20-30 aziende ospedaliere e si concluderà entro l’estate. “I dati sull’assistenza domiciliare sono confortanti – spiega il prof. Emilio Bajetta, Presidente Nazionale Aiom – anche se l’Adi è erogata in modo non uniforme sul territorio. Molto resta da fare per offrire a pazienti e cittadini un ‘continuum’ assistenziale, dall’informazione sui fattori di rischio alle terapie palliative”. “Tutte le fasi dell’iter oncologico, prevenzione primaria e secondaria, diagnosi, terapia, riabilitazione e cure palliative – spiega Carmelo Iacono, coordinatore Aiom del progetto – hanno come unico protagonista, che le percorre tutte, il paziente oncologico che ha il diritto di ricevere una prestazione integrata ed esaustiva delle sue necessità emergenti, diritto che il Sistema sanitario nazionale ha il dovere di garantire”. “Dall’analisi – spiega il prof. Roberto Labianca, Presidente Fondazione Aiom – emerge che 9 Asl su 10 del campione esaminato hanno avviato programmi di screening sul cancro della cervice uterina (coinvolgendo però solo il 50% della popolazione target), 8 su 10 sul seno (43% della popolazione target) e 3 su 10 sul cancro del coloretto (70% della popolazione target). Progressi ancora da compiere anche in termini di confronto tra clinici, modalità strutturata solo nel 50% delle Asl, nella creazione di team multidisciplinari (per ora attivi solo nel 36% delle Asl), nell’assistenza ai malati terminali e per assicurare ai pazienti informazioni (solo il 14% delle Asl dispone di un call center in fase di cura) e accesso alle migliori terapie oggi disponibili sulla base delle evidenze scientifiche”. “Oggi un malato di tumore necessita di un programma terapeutico condiviso da più specialisti – sottolinea Vittorina Zagonel, coordinatore gruppo di lavoro Aiom sui Dipartimenti – inoltre bisogna garantire la continuità di cura, specie nel passaggio da ospedale a territorio. Il Dipartimento Oncologico è la risposta organizzativa a questi bisogni essenziali. In esso trovano inoltre giusta collocazione i programmi di umanizzazione dell’assistenza a malato e familiari. L’indagine mostra chiaramente che dove non è stato istituito il Dipartimento Oncologico manca un percorso assistenziale condiviso e/o la continuità delle cure al malato”. “Ottimizzare l’esistente – sottolinea Maurizio De Cicco, Amministratore Delegato Roche – può consentire un utilizzo delle limitate risorse più in linea con i cambiamenti in atto. Roche vuole essere parte della soluzione al ‘problema salute’ anche in oncologia, lavorando in modo chiaro ed univoco a fianco di clinici, Direttori generali e Istituzioni. Mi auguro che questo progetto possa fornire utili spunti e che Roche possa contribuire sempre più frequentemente al miglioramento e all’aggiornamento del Sistema Sanitario in una logica di innovazione per la salute, uno dei valori fondamentali del nostro Gruppo”.
“Dopo la prima analisi, l’Aiom ha deciso di approfondire l’indagine – precisa il prof. Bajetta – concentrando l’attenzione su prevenzione secondaria, diagnosi precoce e fase acuta e avanzata, analizzando le Aziende Ospedaliere”. “Sinergie ed osmosi di competenze e conoscenze tra Aziende sanitarie e Ospedaliere, management e mondo scientifico – afferma Angelo Lino Del Favero, Direttore Generale Azienda ULSS 7, Pieve di Soligo (TV) che ha partecipato allo studio, e coordina i Direttori Generali Aziende ULSS e Ospedaliere Regione Veneto – sono indispensabili per la costruzione del governo clinico delle moderne politiche sanitarie”. “La successione logica delle diverse fasi dell’assistenza oncologica della ricerca Aiom – afferma Eugenio Di Ruscio, Direttore Sanitario Azienda USL Ravenna, membro FIASO – evidenzia la necessità di una successione organizzativa progettata: l’integrazione dei diversi step sembra poter moltiplicare l’efficacia dei singoli interventi. La FIASO intende sostenere l’individuazione di forme organizzative e stili di rapporti tra le Istituzioni coinvolte in grado di fornire risultati di salute e qualità di servizio”.“Il Servizio sanitario possiede professionalità, strutture e apparecchiature ai migliori standard di qualità – afferma il prof. Francesco Cognetti, Segretario Nazionale di Alleanza Contro il Cancro. I punti sui quali occorre agire sono coordinamento, multidisciplinarietà, riunione di reti operative già esistenti, promozione della ricerca traslazionale e adozione di cartelle telematiche, non utilizzate nell’analisi compiuta”. L’analisi rivela inoltre che per pianificare le campagne di informazione sui fattori di rischio, in particolare quelli locali, poco più della metà (56%) delle Asl può contare su essenziali strumenti informativi quali Registro tumori o Osservatorio epidemiologico e solo 3 su 10 su entrambi. Manca inoltre un accesso omogeneo alle terapie: mentre la chemioterapia è offerta in tutte le Asl esaminate, la radioterapia non è disponibile nel 36% del campione, solo 3 Asl su 10 monitorano l’offerta terapeutica globale sul territorio e 5 su 10 sono in grado di darne informazione ai cittadini/pazienti i quali in nessuna Asl possono contare su un oncologo di riferimento che li segua lungo tutto l’iter delle cure. Possibili protagonisti di un nuovo tipo di coordinamento potrebbero essere i medici di famiglia: in una Asl del campione è il medico di fiducia a ricontattare telefonicamente i propri assistiti che non hanno risposto allo screening. “Per ora siamo coinvolti nel 38% delle Asl nelle campagne di informazione sui fattori di rischio – spiega Andrea Salvetti, Presidente SIMG Toscana – ma il nostro ruolo potrebbe crescere soprattutto sul fronte dell’integrazione tra screening e diagnosi”. “Lo studio Aiom – sottolinea infine l’avv. Lorenzo Lamberti, Componente del Consiglio Superiore di Sanità – stimola anche una riflessione sulla capacità del sistema ordinamentale italiano – e delle sue leggi – di rispondere positivamente alle richieste degli oncologi. Occorre, in altre parole, verificare se l’approccio ‘globale’ alla malattia, ottimale sotto il profilo sanitario e scientifico, trovi corrispondenza nelle indicazioni legislative nazionali, regionali e degli altri Paesi UE”.
Intermedia, ufficio stampa Aiom, tel. 030.226105 imediabs@tin.it