L’impegno di medici e pazienti nella III giornata mondiale della malattia
che colpisce oltre quattro milioni di italiani e provoca 18 mila morti all’anno
Roma, 16 novembre 2004 – Il fumatore che sviluppa BPCO (bronco pneumopatia cronica ostruttiva) corre un rischio almeno 3 volte maggiore di essere colpito da tumore al polmone rispetto ai fumatori che non sviluppano BPCO. Lo rivela uno studio internazionale presentato all’ultimo Congresso della American Thoracic Society tenutosi lo scorso maggio ad Orlando, Florida, al quale ha partecipato il prof. Leonardo Fabbri, direttore del dipartimento di medicina respiratoria dell’Università di Modena e Reggio Emilia e Chairman del Progetto GOLD Internazionale (Global Initiative on Obstructive Lung Disease). Lo studio retrospettivo è stato condotto sui dati raccolti dai medici di famiglia inglesi su 19.034 pazienti a cui era stato diagnosticato un tumore del polmone. In 3.117 di tali pazienti (16.4%) era stata in precedenza diagnosticata la BPCO, ed in questi si è riscontrata una incidenza di tumore 3 volte maggiore. “Già altri studi retrospettivi condotti su piccoli campioni – spiega il prof. Fabbri – avevano messo in evidenza l’aumentato rischio (da 4 a 8 volte) di sviluppare tumore polmonare nei pazienti con BPCO. Questo ampio studio condotto nel Regno Unito richiama definitivamente l’attenzione sulla BPCO come principale fattore di rischio. Da qui l’importanza di controllare i pazienti che hanno fumato per anni, al fine scoprire non solo la BPCO ma anche, in fase sempre più precoce, il tumore del polmone, e avere quindi maggiori possibilità di cura”. L’appello degli esperti in occasione della giornata mondiale della BPCO che si celebra domani, 17 novembre, dunque, è quello di non sottovalutare la malattia, ancora oggi sottostimata e sottodiagnosticata. Una semplice spirometria, esame non invasivo, è sufficiente per verificare lo stato di salute dei polmoni ed eseguire la diagnosi.
La BPCO è in continua espansione, sia nei Paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo. “Entro il 2015 – aggiunge il prof. Fabbri – a causa dell’inquinamento atmosferico e del fumo di tabacco la prevalenza della malattia aumenterà del 50% negli uomini e addirittura del 130% nelle donne. Inoltre, una proiezione sulle variazioni di incidenza delle principali cause di morte vede salire la BPCO al primo posto nel 2020. Il tasso di mortalità nel mondo è salito in trent’anni del 71%, mentre per le malattie cardiache si e’ ridotto del 45% e per le malattie vascolari cerebrali del 58%”.
Questa malattia ha un forte impatto non solo sulla salute e la qualità di vita di chi ne è colpito ma anche per i sistemi sanitari nazionali, in particolar modo quello italiano, dove il progressivo aumento della popolazione anziana e le difficoltà a gettare il pacchetto di sigarette pongono la BPCO tra le maggiori priorità sanitarie. “E’ quando la malattia si riacutizza – spiega il dr. Lorenzo Corbetta, delegato Nazionale GOLD, vicedirettore della clinica malattie dell’apparato respiratorio del Policlinico di Modena – che i costi aumentano soprattutto a causa dei ricoveri. Inoltre quando la malattia progredisce si deve ricorrere a terapie sempre più complesse, che comprendono, nei casi più gravi, l’ossigeno terapia a lungo termine, la ventilazione meccanica e le terapie riabilitative. In media lo Stato spende per ogni paziente circa 1.300 euro l’anno, che però aumentano anche di parecchie volte nel paziente grave. A tutto ciò si devono poi sommare le giornate di lavoro perse”.
Nonostante questi numeri, l’attenzione non è abbastanza alta. “Da anni – afferma Maria Adelaide Franchi, presidente dell’Associazione Italiana Pazienti BPCO – combattiamo per un’attività di informazione sempre più accurata non solo verso i cittadini ma anche e soprattutto verso le Istituzioni. La BPCO non si può curare: è fondamentale da una parte la prevenzione, dall’altra la ricerca di soluzioni che aumentino la qualità di vita dei malati. La lotta al fumo non basta, perché non è la sola causa. Per questo nella terza giornata mondiale chiediamo alle Istituzioni di aiutarci a diffondere l’uso della spirometria, a garantire livelli di assistenza uguali su tutto il territorio, organizzare corsi di formazione ed informazione, inserire la BPCO tra le malattie croniche”
In Italia da un anno è attivo un numero verde sulla BPCO della Fondazione UIP (800.58.55.58 attivo dal lunedì al venerdì dalle 13 alle 17). “In un anno – spiega il dr. Corbetta – sono arrivate oltre 3 mila telefonate, soprattutto da pazienti interessati ad avere informazioni su come riuscire a convivere bene con la malattia. Numerose sono state anche le telefonate di semplici cittadini desiderosi di avere informazioni di prevenzione”.
Un apporto fondamentale per il paziente può venire anche dalla riabilitazione. “Una attività – spiega il prof. Sergio Bonini, professore di medicina interna II all’Università di Napoli e Direttore scientifico del San Raffaele Pisana – in grado di ridurre i sintomi della malattia, in particolare la dispnea, di rallentarne la storia naturale aumentando la sopravvivenza, di migliorare la qualità della vita e di accrescere la capacità di svolgere attività fisica. Il trattamento riabilitativo, attuato per almeno due mesi, può essere applicato sia a pazienti ambulatoriali, sia a pazienti ricoverati, sia con protocolli da eseguire a domicilio. Sono tre i principali trattamenti e riguardano gli arti inferiori e superiori (per migliorare la respirazione e la resistenza allo sforzo) e l’educazione alla respirazione e del movimento del diaframma. Inoltre al paziente viene spiegato come eseguire le pratiche della normale vita quotidiana”.